The take di Naomi Klein e Avi Levis
Il documentario non è più quello che eravamo abituati a vedere un tempo in televisione. Al posto di una rappresentazione immobile, un po’ fredda e di maniera, i giovani cineasti che si cimentano in questa forma d’espressione, ci mettono dentro l’anima ed il cuore. Un ultimo esempio di questa nuova corrente espressiva è “the take”, girato da Naomi Klein e da Avi Levis. “The take” è uno spiazzante documentario sulla triste e sconsolata condizione degli operai in Argentina. Il loro sguardo ci mostra fabbriche fantasma, macchinari arrugginiti, capannoni abbandonati e migliaia operai rimasti senza lavoro. Dopo il crack delle più grandi banche ed il successivo crollo dell’economia,di fronte all’immobilismo della classe politica argentina, gli operai hanno occupato le fabbriche dimesse ed hanno ripreso a lavorare e a produrre, in un regime di autogestione e per lo più con una paga uguale per tutti. Il loro motto? “Occupare, rischiare, produrre.” Ci viene proposta la storia della Zanon, fabbrica di ceramiche e piastrelle che ha fatto un po’ da faro in questa esperienza e quella di altre piccole realtà produttive. In questo modo, in barba ai dettami del capitalismo, ben duecento imprese sono state recuperate e migliaia di operai hanno difeso il loro posto di lavoro. Ma al di là del dato sociologico, economico e politico, quello che colpisce maggiormente sono soprattutto i volti e le storie di chi ha dovuto rimboccarsi le maniche per poter sopravvivere e non dover morire di fame. Sullo sfondo, l’ex presidente Memen che vendeva i beni pubblici e l’America, con le sue banche, che appoggiava l’operazione. Un documentario toccante che non lascia spazio al tango ed a nessuna altra immagine da cartolina. Delle fabbriche senza padroni ed auto-gestite dagli operai? Se lo sapesse Karl Marx, si rivolterebbe nella tomba.
Recensione pubblicata su L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 18-05-2005