Spiderman 2 di Sam Raimi -USA - 2004

A volte basta un piccolo dettaglio per illuminare un intero film. In “Spiderman 2”, l’ultimo film di Sam Raimi, compaiono due brevi frammenti tratti da “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, la celebre piece scritta da Oscar Wilde. Come è noto il titolo della commedia gioca sull’ambiguità del termine “ernest” che rimanda sia al nome proprio (Ernesto) del protagonista che all’aggettivo “onesto”.  Il tema del film ruota tutto intorno a questo “banale” interrogativo. E’ da considerarsi veramente “onesto” Peter Parker, il giovane timido ed impacciato fotografo costretto a celare anche all’amata Mary Jane la propria identità?  Peter (Tobey Maguire) ha la faccia da bravo ragazzo americano e non regge all’idea di nascondersi dietro un mondo di bugie. Per riconquistare la sua donna (Kristen Durst) sceglie la quotidianità della vita “normale” e manda in soffitta il suo eroico alter –ego. Ma si sa come vanno le cose; la città è minacciata da un nuovo incubo (il tentacolare dottor Octopus) e Spiderman non potrà sottrarsi al proprio destino.  Film sugli onesti sentimenti che si agitano nel profondo del popolo americano e metafora sull’ineluttabile destino di ogni jankee, costretto, suo malgrado, a dover lottare contro chi minaccia il mondo intero. L’America mostrata nel film non è quella battagliera e sanguinaria dell’attuale amministrazione Bush ma è quella candida e romantica, in stile Anni Cinquanta, dei dipinti di Norman Rockwell. I grattacieli, su cui Spiderman ricama le sue intricate tele, non sono solo quelli moderni, tutti vetri e specchi, ma solo quelli monumentali ed in mattone rosso, in stile tardo Ottocento. Ed è proprio in questa accurata ricerca stilistica il gran merito del film. Tobey Maguire, con il suo fisico mingherlino ed il faccione da bravo ragazzo, è perfetto nel suo ruolo e chi è in sala non può che fare il tifo per lui. Sam Raimi sa muovere la macchina da presa ma confeziona una pellicola (gustosa e piacevole) che non ti abbaglia, non ti sorprende e non ti cattura mai fino in fondo. La tua fantasia viaggia per un po’ma non libra nell’aria e rimane imprigionata (purtroppo) nel buio della sala.

L'Articolo- Redazione napoletana de L'Unità - 3-10- 2004L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 3-10-2004

 

Torna alla Homepage »