Soffocare (Choke)
di Clark Gregg con Sam
Rockwell, Anjelica Huston, Kelly Macdonald, Brad William Henke – USA – 2008-
Durata
Insieme all'amico Denny
(Brad William Henke), Victor Mancini (Sam Rockwell) frequenta un gruppo di
auto-aiuto per soggetti sesso-dipendenti e lavora come
comparsa al Colonial Williamsburg Park, un parco a tema per turisti e
scolaresche, che ripropone, anacronisticamente, la vita al tempo dei pionieri.
Ex studente di medicina, Victor ha abbandonato
Ho sempre pensato che vi sia
una stretta correzione tra il titolo del film e l’opera stessa. E’ mia
convinzione, infatti, che il titolo finisce, inconsapevolmente, per influenzare
il lavoro del regista, fino condizionarlo ed a tramutarsi poi nella cartina da
tornasole che sveli ed anticipi la struttura stessa del film. Messi da parte
Vertigine di Otto Preminger ed
Angoscia di George Cukor, i cui
titoli originali non sono evocativi come quelli in italiano e rimandano ad altro
(al nome ed alla illuminazione a gas presente nell’appartamento di proprietà
della protagonista) potrei citerei, a sostegno della mia tesi diversi film ma,
mi limito, ad Ossessione ed al
recente Respiro. Aderendo
perfettamente al titolo al quale s’ispira, la pellicola di Visconti non
trasmette, forse, sin dalle prime battute, un forte senso d’inquietudine, di
smarrimento e di spaesamento? E quella di Crialese non lascia trasparire,
fotogramma dopo fotogramma, l’anelito di libertà, la voglia di “respiro” che
attanaglia la giovane protagonista? Seguendo questa suggestione, che riconosco
essere un po’ estrema e riduttiva, c’è da aspettarsi che
Soffocare nasconda in sé,
inevitabilmente, qualche trappola. Il titolo (presente anche nella versione
originale) fa evidentemente riferimento alla bizzarra invenzione del
protagonista che, per sbarcare il lunario, finge di soffocare per farsi
soccorrere al ristorante dal prodigo e caritatevole eroe di turno ma, a mio
avviso, rimanda, implicitamente, ai limiti stessi insiti nel plot, ricco di
originalissimi spunti ma affastellato di eccessive trovate che finiscono per
“soffocare” il respiro stesso della pellicola. Tratto dall’omonimo romanzo di
Chuck Palahniuk, scrittore già noto al largo pubblico per il geniale
Fight club, tradotto nel 1999 sullo
schermo da David Fincher, Soffocare è
un film grottesco, divertente che oscilla costantemente tra il comico ed il
tragico, tra il sarcastico e l’irriverente.
Peccato che Gregg, al suo esordio dietro la macchina da presa, non abbia saputo
sfruttare appieno le potenzialità di una storia volutamente eccedente, che, come
il grottesco impone, mette al centro della narrazione il corpo dei protagonisti.
Da un lato quello di Ida, una donna sciroccata, con la mente ormai ridotta
talmente ad un colabrodo che non le permette più di riconoscere il proprio
figlio, e dall’altro quello di Victor, schiavo di pulsioni erotiche
incontrollabili e perennemente in preda a dei “soffocamenti” (perfettamente
simulati) con i quali riesce ad attrarre nella propria rete i malcapitati
avventori. Piuttosto che mostrarci gli sviluppi legati all’originale tecnica di
soffocamento messa in atto dal protagonista od approfondire i suoi turbolenti e
conflittuali rapporti con la madre, una donna energica e volitiva che lo ha
tirato su celandogli la vera identità del padre e nutrendolo con le sue
strampalate considerazioni sulla vita e sul mondo, il regista si lascia prendere
la mano ed inserisce una serie di elementi che restano miseramente abbozzati.
Non avrebbero meritato un maggiore sviluppo le storie dei pazienti sessuomani
che partecipano al gruppo di aiuto-aiuto? E che dire dell’esilarante confessione
di Paige che rivela a Victor che sarebbe nato dal Santo Prepuzio di Gesù? “La
bellezza sarà convulsa o non sarà” affermava Breton, ma Gregg,
freneticamente, accumula, riempie, intasa e finisce per dissipare una storia che
avrebbe meritato migliori sviluppi. La pellicola, scanzonata, risulta nel
complesso gustosa e va salutata positivamente non solo perché frutto di una
produzione indipendente a low budget ma perché, sprizza simpatia da tutti i pori
e regala agli spettatori una discreta dose di buonumore. Non mancano, infatti,
le scene travolgenti che mostrano le pazienti indementite, travolte da
irresistibili fremiti erotici, lo stranulato Denny che s’innamora di sventola
che si esibisce in un locale a luci rosse ed una comparsa del parco a tema,
perfettamente calato nel proprio ruolo, che continua a rivolgersi a Victor ed
agli altri colleghi con un linguaggio arcaico e forbito, in perfetto stile
coloniale. Deliziosi i flashback che ripropongono le convulse scorribande di Ida
con il piccolo Victor. Sam Rockwell, convincente nel ruolo, è supportato da Brad
William Henke, ottima spalla e da una dolcissima, tenera e disarmante Kelly
Macdonald. Un’Anjelica Huston, in gran spolvero, primeggia su tutti.
Dalla Rivista Segno Cinema
- N 158 - Luglio - Agosto 2009