Sette anime (Seven pounds)

di Gabriele Muccino con Will Smith, Rosario Dawson – USA – 2008 – Durata 125’

Bill Smitrovich, Elpidia Carrillo, Robinne Lee, Joe Nunez, Tim Kelleher, Gina Hecht, Andy Milder, Judyann Elder, Sarah Jane Morris, Madison Pettis, Nadia Shazana

 

Ben (Will Smith), esattore dal cuore d’oro; dilaziona i debiti ad un paio di persone che hanno problemi con il fisco, regala una casa di sua proprietà ad una donna che non ha un tetto dove rifugiarsi e sta scappando da un marito che la picchia selvaggiamente da anni, è gentile e premuroso nei confronti di Emily (Rosario Dawson) una giovane madre, in disperata attesa di un trapianto di cuore, è paterno e protettivo nei confronti di un cieco che lavora in un call center.

Ma cosa spinge quest’uomo prodigo, sensibile e caritatevole a prendersi cura degli affanni e delle preoccupazioni di queste “sette anime”? Perché ha deciso di porre fine alla propria vita e di comunicare la sua estrema decisione ad un operatore telefonico di un centro d’emergenza?

Dopo i travolgenti successi al box office Muccino non ripropone desuete formule vincenti ma continua, coraggiosamente,  nella sua personalissima ricerca autoriale. Regista dal respiro internazionale, atipico nel panorama italiano, gira di nuovo negli States e, dopo l’incerto ma sincero ”La ricerca della felicità” punta nuovamente su Will Smith, che è anche co-produttore del film. Grazie ad un dispositivo narrativo, costruito ad orologeria, il film avvince e cattura e guida con mano lo spettatore fino al tragico disvelamento finale. Il plot non è però privo di difetti e di imperfezioni ed avrebbe avuto un respiro più arioso se fosse stato depurato da un eccesso di sentimentalismo. Non  convince, infine, la scelta del regista di puntare, costantemente, la mdp sul volto del protagonista e di non confezionare, come direbbe Wenders, quegli “spazi vuoti tra le immagini” che danno profondità ed armonia ad una pellicola.. Il titolo originale non fa giustizia di quello originale che, in luogo dell’anima, propone le libbre e rimanda implicitamente a “Il mercante di Venezia” di Shakespeare.  

 

Dalla Rivista Segno Cinema - N 159 - Settembre - Ottobre 2009

 

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