Intervista a Stefano Rulli

 

Stefano Rulli non ha bisogno di presentazioni. Con l’inseparabile Sandro Petraglia ha sceneggiato film che hanno segnato la storia del cinema italiano degli ultimi venti anni: “Mery per sempre” (1988) “Il portaborse” (1991) “Il ladro di bambini” (1992) “Il toro” (1994) “La scuola” (1995) “Pasolini, un delitto italiano (1995) “Vesna va veloce” (1996) “Auguri professore”(1997) “La meglio gioventù” (2003) “Le chiavi di casa” (2004) sono  solo alcuni dei capolavori che ha firmato.

L’ultima sua fatica è stata la sceneggiatura del recentissimo “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, diretto da Marco Tullio Giordana, presentato qualche giorno fa, al recentissimo Festival di Cannes.

Sei soddisfatto di come è andato il film?

E’ stato un lavoro interessante e credo, sia stato accolto, favorevolmente, sia dalla critica che dal pubblico. E’ la storia di un romanzo di formazione. La vicenda narra di un ragazzo che vive in una ricca famiglia bresciana e che, un giorno va in Grecia. Durante il viaggio in barca, di notte, cade in acqua e viene soccorso da alcuni extracomunitari. Solo allora scopre questo mondo ed incontra due giovani con cui lega molto. Non è un film sugli extracomunitari ma è sullo sguardo di noi occidentali, sui nostri sensi di colpa, sul mistero della loro cultura. Al di là della divisione manichea tra buoni e cattivi, è soprattutto un film “in soggettiva”, sull’innocenza dello sguardo dei ragazzini.”

Ti sei sempre occupato dei rapporti tra cinema e follia. Dopo lo storico “Matti da slegare”, diretto con Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Silvano Agosti sull’onda dell’esperienza anti-manicomiale di Basaglia, hai girato “Un silenzio particolare” Come è nata l’idea di questo nuovo documentario?

Da diversi anni mi occupo di progetti di vita per problematiche mentali. Con mia moglie, Clara Sereni abbiamo creato un agriturismo, “La città del sole”, un luogo aperto a tutti e che ospita anche persone affette da un disagio mentale. Mio figlio Matteo era con noi in vacanza. Avevo pensato di girare qualcosa sulla vita di questo agriturismo ma il materiale, sempre più oggettivo, è diventato un racconto  sempre più “intimo e familiare”. Matteo non ha mai avuto nessun rapporto con il mio lavoro ma in questa occasione è come se fosse voluto entrare in campo, come un suo volersi raccontare. Non c’era una sceneggiatura vera e propria ma solo una traccia iniziale. Ero partito dall’idea di filmare il pranzo, le passeggiate ma poi, man mano, Matteo è riuscito a comunicare con dei linguaggi suoi. Alla fine del montaggio l’abbiamo visto a casa e Matteo è rimasto molto colpito dal film ed ha voluto rivedere i suoi maggiori momenti di difficoltà. Spero che questo film possa offrire uno sguardo diverso della malattia mentale, sguardo orientato più ad una ricerca di valori che e di storia di questi soggetti che non in senso compassionevole. Il mio obiettivo è quello di mostrare persone per quello che sanno dare e non per quello che non hanno. Mi auguro, inoltre, che questa pellicola possa essere d’aiuto per modificare un immaginario ormai consolidato. Anni fa c’era una visione più ideologica della malattia mentale ed il recupero sociale sembrava essere l’unica ricetta possibile. Basaglia sapeva che esisteva la malattia mentale; altro era saperla catalogare e risolverla.” 

 “Un silenzio particolare” ha vinto recentemente il premio di David di Donatello vinto come miglior “lungometraggio-documentario”. Ti aspettavi questo prestigioso riconoscimento?

“Il film era stato molto apprezzato in certi ambienti ma, sinceramente, non credevo che potesse essere premiato, anche perché in concorso c’erano altri lavori molto interessanti come quello diretto da Gianfranco Gabaddu su “Paolo Fresu”, un gruppo musicale sardo.”

E Matteo come ha reagito?

“Quando c’è stata la cerimonia di premiazione, ha preso lui il David e non lo voleva più mollare. Mi ha fatto molto piacere tutto questo anche perché ciò è il segno di un riconoscimento personale e la testimonianza del fatto che questa esperienza la sente come sua.“

Per l'intervista completa si rimanda al volume "Psycho cult" di Ignazio Senatore (Centro Scientifico Editore-2006)

 

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