La pratica psicoanalitica
Dopo le celebrazioni di Roma e Trieste,
anche Napoli si appresta a “festeggiare” i cinquant’anni dalla fondazione della
Rivista di Psicoanalisi. Sabato 6 novembre, nella prestigiosa cornice
dell’Istituto per gli Studi Filosofici, si terrà l’incontro sul tema “I luoghi
dell’interpretazione”. Ad aprire i lavori del mattino, Olga Pozzi, psicoanalista
didatta della SPI. “Il tema scelto per l’incontro vuole essere un omaggio alle
diverse anime che hanno attraversato
Il discorso si sposta,
inevitabilmente, dalla Rivista ai cambiamenti che hanno attraversato in questi
ultimi cinquant’anni la stessa pratica psicoanalitica. “Certamente la
psicoanalisi è cambiata come la società che le gira intorno e sono mutate le
richieste che ci giungono dall’esterno. L’orientamento generale di tutti gli
psicoanalisti è quello di ridurre il numero delle sedute settimanali da quatto a
tre, ed in alcuni casi anche a due. Ma non è possibile generalizzare e varia da
caso a caso. Non è poi neppure vero quello che spesso si sente dire in giro e
cioè che la gran parte dei pazienti che abbiamo in trattamento è composto solo
dai futuri psichiatri. E’ vero che noi lavoriamo anche con quelli che saranno
gli “strizzacervelli” del domani ma sono soprattutto i pazienti che chiedono di
essere presi in cura.” Tempi duri per la pratica psicoanalitica,
accerchiata dalla pressione delle case farmaceutiche (orientate a ridurre la
mente umana ad un fascio di neuroni) dalle diverse teorie genetiche sulla
malattia mentale (ipotesi ancora del tutto vaghe e non ancora testate
scientificamente) ma soprattutto dall’irrompere di una nuova modellistica del
pensiero, di stampo americano che è la “famigerata” terapia
cognitivo-comportamentale. Il risultato è davanti agli occhi di tutti. Non c’è
giorno che non compaia un nuovo volume o articolo di giornale che ci promette la
felicità. Il “Prozac”, l’antidepressivo denominato poeticamente “bye, bye blues”
non ha, di certo, sconfitto la depressione. E’ di questi giorni l’immissione sul
mercato italiano di un farmaco (il Rilatin) da prescrivere ai bambini troppo
irrequieti e pestiferi. Un business di miliardi. E che dire dei consigli che si
trovano in ogni settimanale per ridurre lo stress, per sconfiggere noia e
depressione ed abbattere il logorio della vita moderna? Esercizi, compitini,
frasi da rimandare meccanicamente alla mente, derivati tutti (ahinoi) dal quel
becero modello meccanico della mente di stampo jankee.
“La psicoanalisi è una moda tenuta in
piedi dall’industria dei divani”, affermava un tempo, quel genio dissacratore di
Woody Allen. Sarà, ma a noi piace ancora pensare che insieme alla terapia
familiare, la psicoanalisi resta l’unico modello che ci permette ancora di
“sognare” e di comprendere la mente umana.
L’Articolo – Redazione napoletana de
L’Unità .6.11.2004