Recensione "Cinema (italiano) e psichiatria"
di Alberto Pesce - Giornale di Brescia - 22-2 2014
Come per la letteratura o le arti figurative, diventa sempre più
difficile anche per il cinema delineare una "storia generale" che riesca a
coniugare serietà scientifica e completezza di informazione. Ecco, allora,
l'opportunità di impostare anche ricerche settoriali, mettendo a fuoco un campo
specifico e in questo ambito sondare temi in profondità.
Come fa Ignazio Senatore, psichiatra e psicoterapeuta oltre che critico
cinematografico di scaltrito mestiere, cui griglia d'esame e giudizio è la
psichiatria, per come nel cinema italiano è rappresentata nelle varie e a volte
pretestuose sfaccettature. Magari essa serve solo "per rendere comprensibili
intrecci narrativi contorti e confusi" ma in parecchi casi, tra altri, con
Bellocchio, Dino Risi, Avati, Brass, Faenza, Lenzi, Moretti, Petri, Verdone, è
ripresa fuori da consuete stereotipìe. A incrocio di capitoli l'attenzione
biscia tra protagonisti (psichiatri e psichiatre, psicanalisti e psicanaliste,
psicoterapeuti e psicoterapeute, psicologi e psicologhe). luoghi e modalità di
cura (manicomi, anche quelli giudiziari, cliniche private, pubbliche strutture
riabilitative), e quella "brutta bestia" che è la follia.
Ora, se da una parte sorprende la vastità del repertorio, tra recensioni,
schedature e titoli a consiglio complementare quasi trecento citazioni di film,
dall'altra affascina, sapientemente graduata ad ogni livello, autoriale o
Bmovie, dramma o commedia, horror o giallo, la bivalente limpidezza di discorso
di Senatore che senza sfuggire a referenze culturali e metodologie di scuola,
tra scivolate d'arguzia e precisi affondi critici sa tradurre sensi e
significati guardando al lettore per offrirgli un'informazione a largo raggio su
trama, performance del cast, stilemi di genere, dettagli d'ambiente,
spettroscopìe di comportamenti.