Edoardo Altomare
"Ciak, si cura"
Il Corriere della Sera- Il Corriere del Mezzogiorno - 12. 7. 2002
"Da quando nel 1997 il dottor Gary Salomon ha pubblicato il suo libro di "cine-prescrizioni" The motion picture prescription – ne contiene duecento, adatte a curare soprattutto i disturbi dell’umore – qualcuno si è convinto che i film possano avere uno specifico effetto terapeutico. Al paziente che nutra sensi di sconfitta e ribellione, Salomon consiglia Thelma & Louise. A chi soffra di disturbi ipocondriaci il cineterapeuta prescrive la visione di Alien, suggerendo particolare concentrazione sulla sequenza che mostra la parte del corpo (lo stomaco) dove l’alieno si localizza per svilupparsi. Il silenzio degli innocenti appare invece particolarmente indicato a chi ha paura di rivelare il proprio sé.
E così via prescrivendo, la cosiddetta "cineterapia", almeno negli Usa, ha finito per essere insegnata all’università (di Pittsburgh). Ma davvero, ci si chiede, una pellicola può aiutare a sconfiggere una malattia ? E se sì, quale ? "Io so solo – azzarda il critico e storico del cinema Gianni Canova – che per me e la mia generazione il cinema è stato anche uno "strizzacervelli" che ha favorito l’anamnesi e l’autoanalisi, portando a galla – sullo schermo – i fantasmi e i cadaveri che ci portavamo dentro".
Prende le distanze da questo singolare approccio terapeutico lo psichiatra napoletano Ignazio Senatore: "Pur amando il cinema, ho sempre pensato che la visione di un film non avrebbe mai potuto eliminare i conflitti, ridurre le ansie, placare le angosce di uno spettatore". Accattivante ma in fondo ingannevole appare dunque il titolo del suo recente saggio sulla capacità risanatrice del cinema: Curare con il cinema (Centro Scientifico Editore, Torino, 2001, pp. 230, € 24,00).
Nessuno ha mai negato al cinema un grande potere suggestivo, ci mancherebbe: presentando il libro di Senatore, lo psichiatra Paolo Pancheri parla di "curiosa alterazione dello stato di coscienza" indotta dalla visione di un film, di "stato crepuscolare" dove la realtà oggettiva si cancella e lo spazio-tempo si annulla; e richiama indirettamente le parole con cui il grande Bunuel esplicitava il nesso tra cinema e psicanalisi ("Il buio che invade a poco a poco la sala equivale all’azione di chiudere gli occhi. E’ allora che comincia sullo schermo e al fondo dell’uomo l’incursione notturna dell’inconscio"). Ma da qui a guarire qualche spettatore ce ne corre.
"Più che curare – osserva Senatore, che è funzionario tecnico presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Napoli Federico II – direi che il cinema si prende cura di noi". E le cine-prescrizioni del dottor Salomon ? "Troppo scolastiche, elementari e poco immaginative. Da macchina desiderante, da fabbrica dei sogni, il cinema viene retrocesso a un testo (la sceneggiatura) da sezionare ed esaminare. Cenerentola e Biancaneve sarebbero sopravvissuti così a lungo nell’immaginario collettivo se ogni madre avesse "prescritto" al proprio bambino di leggersi la fiaba da solo per poi commentarla con lei ?".
Curare con il cinema è soprattutto una sistematica raccolta di citazioni catalogate con il gusto del cinefilo che si diverte a segnalare i riferimenti con le tematiche di interesse psichiatrico (e non solo): "Seppur non condivida il metodo di Salomon – commenta Senatore – certo non posso negare che la fruizione di una pellicola cinematografica metta in moto meccanismi quali la regressione, la proiezione, l’identificazione". Senza coltivare l’illusione di guarire dall’ansia o dalla depressione, si può dunque continuare ad andare al cinema per ascoltare delle storie, per piangere e ridere, per lasciarsi andare all’immaginazione, per liberarsi da una preoccupazione avvolti dal buio della sala. Che non è poco.