Intervista a Stefano Reali

 

Assistente volontario di Sergio Leone in “C’era una volta in America”, autore nel 1985 di “Exit” (nomination nel 1987 all’Oscar come migliore cortometraggio) regista nel 1988 di “Laggiù nella giungla” e nel 1997 di “In barca a vela contromano” con Valerio Mastandrea ed Antonio Catania. Ecco il palmares di tutto rispetto di Stefano Reali. Eppure al cinema non è riuscito mai a sfondare. In TV, invece, ha sbancato l’audience con le sue fiction di successo: “Ultimo” con Raoul Bova, “Il quarto re” sempre con Bova e “Le ali della vita” con Sabrina Ferilli e Virna Lisi. Con il suo ultimo film intitolato “Il tramite”, film riconosciuto di “interesse culturale nazionale” che ha beneficiato di un Fondo di Garanzia di quasi tre milioni di euro, distribuito dall’Istituto Luce, prodotto da Beppe Attene per Làntia Cinema & Audiovisivi in collaborazione con Rai Cinema, voleva sfatare questo suo strano karma. Niente da fare. Il film è pronto ma non esce nelle sale.  Eppure chi lo ha visto dice che si tratta di un film molto potente. E forse anche molto scomodo. “Il tramite” narra la storia di Mauro, un infermiere romano cinquantenne (Maurizio Mattioli) che per arrotondare il suo stipendio decide di esaudire una “richiesta” del suo primario ospedaliero. Dovrà accompagnare dalla Puglia a Chiasso un bambino curdo, entrato clandestinamente in Italia, ed affidarlo ad una famiglia svizzera per un’adozione illegale.  Prima di intraprendere il viaggio nella sua station-wagon, Mauro scopre brutalmente che dovrà ospitare a bordo anche Rollo (Valerio Foglia Manzillo), un silenzioso killer della Sacra Corona Unita, affetto da un ritardo mentale. Attraversando l’Italia Mauro scopre una realtà sommersa e nascosta, popolata da persone senza scrupoli, dedite allo sfruttamento dei clandestini rifugiati in Italia. E dopo aver tentato, invano, di rintracciare il suo primario, Mauro si trova impelagato, nel rapimento di una prostituta bulgara. Non impiegherà molto a comprendere che il futuro del piccolo curdo non sarà roseo ma destinato al mercato nero dei trapianti d’organo.   

 

“Il mio film non è stato bloccato per problemi politici o perché toccava argomenti scottanti come la prostituzione infantile o il mercato dei trapianti d’organi. Il film non esce nelle sale per l’effetto della politica con cui l’attuale governo di centro-destra ha gestito i Fondi di Garanzia istituiti dal precedente governo, con un’ottima legge ideata e fortemente voluta da Walter Veltroni. E’ grazie a lui se mediamente un film italiano oggi viene messo in condizione di incontrare più facilmente il pubblico, anche perché il cosiddetto “Fondo di garanzia” istituito da quella legge ha garantito alle produzioni dei finanziamenti adeguati, e questo ha reso i nostri film meno miseri, e quindi più competitivi, più appetibili. La gestione dell’attuale governo, invece, forse deve aver promesso più soldi di quanti non ne avesse in cassa a tanti, troppi film, visto che poi dei finanziamenti già deliberati sono stati bloccati. Il risultato è che una quindicina di film più o meno pronti, tra cui il mio, sono “congelati”, e altrettante produzioni indipendenti, non avendo ottenuto per tempo i fondi su cui pensavano di poter legittimamente contare,  rischiano ora di scomparire del tutto.”

 

Così si racconta Reali senza peli sulla lingua. E poi, chiusa la parentesi, tutto d’un fiato, torna a parlare del problema che più lo preoccupa:

 

“In Italia scompaiono migliaia di bambini clandestini ogni anno. La scomparsa di questi bambini non innesca alcun reato perseguibile dalla legge italiana perché sono minori senza documenti, senza identità. E che dire del tema delle adozioni illegittime e di quei medici implicati nello scandalo dei trapianti d’organo? Data la crudezza del tema mentre lo dirigevo ho dovuto cambiare il titolo del film per non dare nell’occhio. Ho girato spesso nei luoghi “caldi” con la telecamera nascosta ed ho utilizzato numerose volte il teleobiettivo per filmare da lontano sia Mattioli che Foglia Manzillo. Entrambi erano poi dotati di un piccolo microfono che era nascosto nel loro cappotto. Una sola volta ci hanno scoperti, confondendoci per una troupe della Rai. Ma ci hanno cacciato lo stesso.”

 

Girato nella prima parte del film nel Sud, tocca anche le località campane di Bacoli e di Torre Annunziata ed è arricchito al di là della presenza di Valerio Foglia Manzillo, di Gaetano Amato, Antonio Pennarella, e di tanti altri attori napoletani. Una spruzzata di “campanità” che conferisce al film un sapore agrodolce, mescolato abilmente con le ambientazioni sul litorale flegreo e nel cuore del Miglio d’oro, tra bellezze paesaggistiche e tracce di degrado urbano e morale.

 

L’Articolo – Redazione napoletana de L’Unità -18- 7- 2004

 

 

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