Radiazione BX: distruzione uomo (The incredible shrinking man)

 

Scott (Grant William) e Louise (Randy Start) si stanno godendo una vacanza in mare sul loro fuoribordo. Lui ha sete e chiede alla moglie di prendergli un birra. Mentre lei è in coperta, Scott è sommerso da una nuvola radioattiva, densa e di un bianco accecante. Sei mesi dopo scopre che i vestiti gli ballano addosso: sta diminuendo visibilmente di peso e si sta rimpicciolendo sempre più. La moglie cerca di gettare acqua sul fuoco, ma lui sempre più angosciato consulta un dottore che, data l’eccezionalità del caso, lo invia al Centro Sperimentale di Medicina. Dopo una serie di indagini i medici gli comunicano che, a seguito di quella eccessiva esposizione alla radioattività, il suo corpo ha subito un’alterazione molecolare che lo porterà irrimediabilmente a rimpicciolirsi, giorno dopo giorno. Scott è disperato e, dopo aver perso il lavoro, si rifugia in casa, braccato da stampa e televisioni. Smarrito e confuso perché ogni giorno diventa sempre più piccolo, una notte esce di casa, va in un Luna Park e s’imbatte in un uomo che ad alta voce invita gli spettatori a vedere alcune attrazioni: la donna che pesa tre quintali e mezzo, mangiafuoco e Nanà, una nana alta un metro e ventitré centimetri. Scott è sempre più triste, ma Nanà lo rincuora: “Anche per noi il mondo può essere meraviglioso, anche per noi il cielo è blu come per i giganti e c’è l’amicizia”. Queste parole gli servono da sprono e Scott inizia a scrivere un diario. Diventato così minuscolo da essere costretto a vivere dentro una casa in miniatura, per sfuggire a un attacco di Beniamino, il suo famelico gatto, si rifugia in cantina. Louise rientra in casa  e non trovandolo nell’appartamento-giocattolo pensa che il marito sia stato inghiottito dal felino. Scott per sopravvivere in cantina utilizzerà come casa una scatola di fiammiferi, come lancia uno spillo e come cibo il formaggio della trappola per i topi. Dopo aver trafitto con la sua arma un bellicoso ragno, risale in giardino e può finalmente godersi la bellezza dell’universo.

Capolavoro incomparabile del cinema di fantascienza ancora oggi a distanza di anni, lascia una traccia indelebile nella mente dello spettatore. Arnold dosa bene la tensione e per rendere la vicenda meno angosciante inserisce qua e là alcuni inserti teneri e deliziosi: Scott che ricorda con nostalgia quando Louise si alzava sulle punte dei piedi per baciarlo e Nanà soave e angelica che si abbevera, arrampicandosi a una gigantesca tazza da caffè. Un bianco e nero da favola impreziosisce ancor più la pellicola. Il tema della trasformazione corporea, tanto caro al cinema horror viene riletto da Jack Arnold in chiave tenera e disincantata. Il regista non si affida alle classiche trasformazioni corporee (piaghe, escrescenze, pustole, protuberanze, mutilazioni…) né tantomeno alle immancabili e devastanti deturpazioni di viso e di arti ma ci mostra “semplicemente” il protagonista che, giorno dopo giorno, diventa sempre più piccolo e minuto. Ed è proprio in questo suo gioco a sottrarre e a non cadere nei clichè splatter o di maniera la grandezza del film. Il tema della miniaturizzazione di un essere umano era, in verità, già comparso in passato sullo schermo ma Arnold introduce una sostanziale novità. Scott non è Paul Lavond, il folle vendicatore de “La bambola ed il diavolo” di Tod Browning (1936) che rende microscopici i colleghi dell’istituto di credito che lo avevano raggirato né il professor Torkal, il “mad doctor” protagonista dell’insuperabile “Dr Cyclops” di Ernest B.Schoedsack (1940). Al di là dell’originalità del soggetto e delle straordinarie invenzioni visive presenti nella pellicola, Arnold in un epoca immersa nella “guerra fredda”, ci propone una metafora del tragico destino dell’uomo: un essere minuscolo rispetto alla vastità dell’universo, condannato a lottare contro mille insidie per poter sopravvivere. Eccezion fatta per un finale troppo misticheggiante ed edulcorato, il film è immerso in un’atmosfera di struggente melanconia e lo stesso protagonista commenterà amaramente la sua disperata condizione: “Mi sentivo piccolo e assurdo, un minuscolo mostro. è facile parlare di anima, di spirito e del valore essenziale, non quando si è alti un metro. Io odiavo me stesso, la nostra casa e la vita grottesca con Louise. (…)Ogni giorno era peggio, ogni giorno ero più piccolo e diventavo più tirannico, più mostruoso nell’opprimere Louise. Solo io avrei potuto darle la quiete, se avessi avuto il coraggio di scomparire per sempre. Ma ogni giorno pensavo: forse domani, domani, la scienza mi salverà”. Per i cinefili incalliti un’ultima citazione sul tema della miniaturizzazione. In “Parla con lei” di Pedro Almodovar (2002) c’è uno straordinario inserto in bianco e nero con un uomo che diventa giorno dopo giorno più piccolo di un soldo di cacio. Da non perdere, come il capolavoro di Arnold.

 

Recensione pubblicata sulla Rivista "Eidos- Cinema, Psiche ed arti visive" Numero 6- 2006

 

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