The punisher di Jonathan Henseleigh – USA – 2004

 

Odi il tuo capoufficio, vorresti strozzare tua suocera, fare a pezzetti l’amministratore del palazzo? Non puoi? Allora ti conviene andare al cinema, sederti in una comoda poltrona, sublimare i tuoi impulsi violenti e distruttivi e ritornartene a casa felice e tranquillo. Chi per campare tira avanti così, non può perdersi “The punisher”, pellicola diretta dall’esordiente Jonathan Hensleigh e già sceneggiatore di pellicole come “Die Hard- Duri a morire”, “Armageddon” e “Con Air”. La trama è stupida, banale e scontata. Frank Castle (Thomas Jane) poliziotto speciale della FBI incastra un trafficante di armi, figlio di Howard Saint (John Travolta) un boss della mala e lo uccide. Howard sguinzaglia i suoi scagnozzi, li spedisce a Puerto Rico e stermina la famiglia del superagente. Il nostro eroe (soprannominato “il castigatore” ed ama andare in giro con un teschio impresso sulla sua T-shirt) non si lascia piegare dal dolore, né ricorre alla giustizia ordinaria ma, accecato dall’odio, si vendicherà, ricambiando il favore al cattivo di turno.  

Il film, inesistente da un punto di vista stilistico, è un vero e proprio inno alla giustizia “fai da te”. Violenza gratuita, cinica e spietata sparata a palla, primi piani di facce sfigurate dal dolore ed uno squallido campionario di torture, tra cui spicca lo strappamento dei piercing dal viso di un ragazzo. A completare la prevedibile trama, la classica iconografia del super- macho americano tutto muscoli e niente cervello, il solito pezzo di lirica italiana (dal Rigoletto di Verdi) un piccolo campionario di spigati ed un bestione con i capelli imbiancati che fa il verso a Roy Batty di “Blade Runner”.

A dirigere John Travolta non c’è Tarantino e la differenza si nota. Se Clint Eastwood aveva solo due espressioni, Thomas Jane non ne ha nemmeno mezza. Basato sulle gesta di un famoso cine-fumetto, pubblicato nel 1974 dalla Marvel Comics, la pellicola è un remake di un film del 1989 diretto da Mark Goldblatt ed interpretato da Dolph Lundgren. Wim Wenders ha affermato che il nostro inconscio è stato colonizzato dai film americani. Parafrasando Groucho Marx, non posso che rispondergli : “Io non dimentico mai un film ma per questo farò un’eccezione.

 

 

L’Articolo – Redazione napoletana de L’Unità – 28-8- 2004

 

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