Il piccolo Nicolas e i suoi genitori (Le petit Nicolas)

di Laurent Tirard con Valérie Lemercier, Kad Mérad, Maxime Godart, Sandrine Kiberlain, François-Xavier Demaison, Anémone - Francia – 2009 – Durata 91’

 

Nicolas (Maxime Godart) un bambino di otto anni, felice e spensierato, vive con il padre (Kad Mérad), un modesto ma simpatico impiegato e con la madre (Valerie Lemercier), una donna sorridente ma fragile ed insicura. Tutto sembra filare liscio fino a quando Nicolas, per un malinteso, è assalito dalla paura che la mamma aspetti un bambino e, con la complicità del marito, abbia deciso di sbarazzarsi di lui. Grazie al sostegno dei compagni di classe, con delle trovate ingegnose e ricche di fantasia, Nicolas proverà a mutare il corso del proprio destino. L’happy-end finale svelerà l’equivoco e regalerà al piccolo protagonista delle ulteriori ed inaspettate sorprese.

Alzi la mano chi, nel vedere l’ultimo film di Laurent Tirard, non sia andato indietro con la memoria a Zero in condotta di Jean Vigo, a I 400 colpi di Francois Truffaut a Les Choristes di Christophe Barratier ed a Il favoloso mondo di Amelie di  Jean Pierre Jeunet

Sarebbe però forse più giusto accostare Il piccolo Nicolas e i suoi genitori” ad altre due pellicole prodotte entrambi nel 1991 che hanno proposto delle suggestioni, dal sapore squisitamente psicoanalitico, sull’universo infantile; “Toto le héros - Un eroe di fine millennio” del belga Jaco Van Dormael e “La frattura del miocardio” del parigino Jacques Fansten.

La prima aderisce perfettamente a quegli accadimenti mentali descritti nel 1909 da Sigmund Freud, nel suo articolo "Il romanzo familiare dei nevrotici" sul mondo emozionale del bambino, popolato da una serie di fantasie inconsce che lo spingono a credere di essere stato abbandonato alla nascita dai propri genitori e di essere stato allevato, poi, da estranei; la seconda descrive le paure e le trepidazioni, tipiche di una certa fase dello sviluppo psicologico del bambino, legate alla reale o temuta morte di uno o di entrambi i genitori.

Seppure la pellicola di Tirad trae le mosse dal personaggio”Le petit Nicolas”, nato dalla fantasia di René Goscinny e Jean-Jacques Sempé, (geniali autori di Asterix e di Lucky Luke), per una serie apparsa nel 1959 su "Soud Ouest Dimanche”, “Il piccolo Nicolas e i suoi genitori”sembra ispirato a Il mondo incantato di Bruno Bettelheim, saggio di matrice psicoanalitica che sottolinea come il bambino, attraverso gli aspetti simbolici delle fiabe, riesca a superare le paure legate all’abbandono ed alla separazione, alla morte, alla fantasia di non sentirsi amato e desiderato dai propri genitori.

Laurent Tirard sembra aver fatto sue le illuminanti riflessioni di Bettelheim e, con impalpabile leggerezza, narra le ansie e le preoccupazioni del piccolo protagonista, ossessionato, sin dalle prime battute del film, dalla paura di essere abbandonato, come Pollicino, nel bosco, dai genitori.

Il regista non ridicolizza le preoccupazioni dell’ingenuo Nicolas ed impagina, con squisita ironia, una favola fresca, colorata e divertente, ambientata negli Anni Cinquanta, che sprizza simpatia da tutti i pori e che permette allo spettatore di gustare le innocenti e fervide fantasie del piccolo protagonista e dei suoi affettuosi e dinamici compagni di classe; Alceste, un ciccione ossessionato dal cibo, Geoffroy, un bambino viziato, scortato ovunque dal suo autista personale, Eudes, un tenero che finge di essere un duro, Rufus che sogna da grande di fare il poliziotto, Agnan, l’occhialuto primo della classe e Clotaile, tenero, distratto e perennemente assonnato, messo costantemente in punizione dalla diafana maestra (Sandrine Kiberlain)

A far da contorno a questi vivaci, fantasiosi ed intraprendenti ragazzini, un corteo di adulti nevrotici e scoppiati; il papà di Nicolas che sogna, giorno e notte, l’agognata promozione, sua moglie, assalita da mille dubbi ed incertezze, il bidello Brodo (François-Xavier Demaison), ossessionato dall’idea di infliggere agli alunni come punizione delle interminabili frasi da ricopiare, la bisbetica e scorbutica supplente (Anémone).

Con arguzia e gran senso del ritmo, il regista immerge la pellicola in un’atmosfera magica e festosa e l’arricchisce con dialoghi surreali e con delle divertentissime ed irresistibili gag che si susseguano, a raffica, per tutta la durata del film.

Le risate cadono a grappoli; su tutte le sequenze che mostrano i compagni di classe del piccolo protagonista che provano a pulirgli casa ma combinano un disastro, gli stravaganti commenti degli alunni sottoposti al test proiettivo di Rorscharch; le telefonate tra Nicolas ed un fantomatico gangster, l’interrogazione dello svagato Clotaile da parte del Ministro dell’Istruzione.

A contribuire al successo di questo piccolo gioiellino la felice intuizione di Tirard di posizionare la macchina da presa all’altezza degli occhi dei bambini, di aver proposto un film fatto “dai” bambini e non “sui” bambini e di aver puntato su degli attori in stato di grazia. Al di là delle conferme dei simpaticissimi Valérie Lemercier e Kad Mérad, vanno sottolineate le sorprendenti prove di Victor Carles, nei panni dell’assonnato, stralunato e distratto Clotaile e dell’occhialuto Damien Ferdel (una sorta di Woody Allen bambino, senza lentiggini) in quelli del secchione..Deliziosi i titoli di testa.

 

 

Articolo pubblicato su Segno Cinema - N. 163 Maggio - Giugno 2010

 

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