Napoli più - 3- Aprile 2004

“Preparatevi alle immagini shock. Anche se è tutto finto”

di Teresa Mancini

 

La casa editrice Ancora ha deciso di pubblicare un vademecum per aiutare i cattolici a comprendere meglio la “Passione dei Cristo. Non era mai successo prima che un’opera cinematografica a sfondo religioso divenisse oggetto di pubblicazioni preventive con lo scopo di fornire approfondimenti alla pellicola. Così, alla vigilia della prima di Mercoledì Santo, esce un volumetto intitolato “La passione secondo Mel Gibson” dove attraverso schede sull’autore,confronto relativo ad altri film sul tema, spiegazioni delle fonti sulle quali si è basato il regista, si cerca di fare luce sul senso dell’operazione cinematografica, aiutando ad affrontare la proiezione. E se l’editore cattolico fornisce una guida al film, noi, invece, dopo le ripetute polemiche relative alla densità di sequenze ad alta tensione emotiva che si rovesciano sugli spettatori, ci chiediamo se sia necessario preparare occhi e cuore, in un certo senso, alla visione dell’opera di Gibson. A rispondere Ignazio Senatore, psichiatra e psicoterapeuta che svolge la sua attività al Dipartimento di Neuroscienze e Scienze del Comportamento dell’Università “Federico II” di Napoli.

D: Le immagini realistiche, forti, della “Passione di Cristo” possono turbare lo spettatore?

R: Intanto non è obbligatorio andare al cinema. E’ una scelta. Se si ha la consapevolezza di essere sensibile a una certo tipo di scene si può fare certamente a meno di assistere alla proiezione. Ma basterebbe ricordare che è una finzione.

D: Eppure proprio la violenza estrema ha diviso la critica. E poi ci sono le accuse di antisemitismo…

R: Ho l’impressione che tutto questo parlare e scrivere abbia alimentato in fondo l’operazione commerciale del lancio della pellicola. Si è detto del radicalismo cattolico del padre di Gibson, si è sottolineata una certa ossessione per la sofferenza fisica che avrebbe il regista. Ma un film può essere interpretato come un gesto di passione personale, un punto di vista. E il compito del cinema è quello di allargare l’immaginario.

D: Quindi il cinema come strumento per allenare comunque la testa…

R: Ogni storia cinematografica rappresenta materiale per la mente, aiuta a riflettere. E per quello che concerne le immagini forti della “Passione”, ripeto, ci si concentrerà sul dato che nulla di ciò che si sta vedendo è reale. Anche se al cinema allo spettatore si chiede proprio quella che si definisce la “sospensione dell’incredulità”: cioè entrare in sala pronti a credere a tutto ciò che si vede.

D: E della “cineterapia”, ossia la cura attraverso la visione del film, cosa pensa?

R: Il cinema può produrre benefici perché mette in moto le emozioni. Ma dire che un film può diventare uno strumento terapeutico non è corretto. Altrimenti, del resto, per curare i problemi basterebbe il semplice abbonamento ad un cineforum.

 

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