Il papà di Giovanna di Pupi Avati

 

 

Bologna 1938. Michele Casali (Silvio Orlando) professore di storia dell’arte del Liceo Galvani vive con la moglie Delia (Francesca Neri) e con la figlia Giovanna (Alba Rorwacher) un’adolescente taciturna, insicura e problematica che frequenta la sua stessa scuola. Divorato da un incondizionato amore paterno, per renderle meno dura la realtà, Michele le confeziona delle puerili bugie e, nel tentativo di regalarle qualche attimo di felicità, promette ad uno studente, gran seduttore, di ammetterlo agli esami, se fa gli occhi dolci alla figlia. Giovanna crede di aver espugnato il cuore del ragazzo ma quando scopre che Marcella (Valeria Bilello) la sua unica amica e compagna di banco, gli fa il filo, la ammazza, senza pietà a rasoiate. Al processo Giovanna è giudicata malata di mente e rinchiusa nel Manicomio Giudiziario di Reggio Emilia; Delia l’abbandona ma Michele continuerà a starle accanto. Quanti tipi di storie vuole intrecciare Pupi Avati ne“Il papà di Giovanna” il suo ultimo film presentato alla 65 Mostra del Cinema di Venezia? Una (intima, melanconica, commovente) con la “s”minuscola coinvolge i protagonisti ed un’altra (deludente, oleografica, caramellosa) con la “S” maiuscola fa da sfondo alla vicenda. Il regista bolognese appassiona, incanta, strizza i cuori con la prima; delude, irrita, scontenta con la seconda. E’ forse eccessivo scomodare la psicologia della Gestalt ed i teorici che hanno studiato le emozioni collegate alle percezioni delle forme ma, dopo la visone del film, due affermazioni saltano prepotentemente alla mente. La prima è di Henry Matisse, tratta da“Scritti e pensieri sull'arte": "Per disegnare bene un ulivo sottraendosi allo stereotipo dell'immagine abituale, bisogna fare come gli Orientali, cioè osservare attentamente i vuoti che stanno tra i rami. Io non dipingo le cose, dipingo le differenze tra le cose.”; la seconda è di Wim Wenders da “L’atto di vedere”: “Esistono film che sono come spazi chiusi: non lasciano il minimo spazio vuoto tra le singole immagini, non permettono di vedere ciò che è rimasto “fuori” dal film, non consentono agli occhi e ai pensieri di muoversi liberamente. In questo genere di choc visivi lo spettatore non può riversarsi nulla di proprio, nessun sentimento, nessuna esperienza. E si esce dal cinema con un senso di delusione. Solo i film che lasciano spazi vuoti tra le immagini raccontano una storia.”

Matisse e Wenders ci ricordano che, per lasciar respirare le immagini, occorre inserire all’interno di una composizione artistica degli “spazi vuoti”. Ad una vicenda già satura di dolore Avati aggiunge svogliatamente gli orrori della guerra e la follia del fascismo ed, invece di levigare, smussare, creare delle vie di fuga, affolla la vicenda con delle scene che ricordano le illustrazioni di Walter Molino de “La Domenica del Corriere”; una donna partorisce sotto i bombardamenti in un rifugio; dei repubblichini sono fucilati vigliaccamente alle spalle e le solite pazienti ricoverate, ormai indementite, sono legate ad un letto di contenzione nel gelido e disumanizzante manicomio criminale. Nonostante la vicenda proceda a velocità diverse e s’incagli in qualche punto, il film t’avvolge, ti segna, ti corrode dentro grazie ad un’indimenticabile interpretazione di Silvio Orlando, premiato meritatamente con la Coppa Volpi al Festival di Venezia. Sin dalle prime battute s’intuisce che il modesto professor Casali, pur percependo le difficoltà emotive e relazionali della figlia, continua a nutrire le sue farneticanti convinzioni. Delia li osserva, silenziosa, in disparte ed invece di legare a sé Giovanna o convincere l’ ingenuo e sognatore marito a non illudere la figlia, si allontana da entrambi, giorno dopo giorno, scavando un solco che colmerà solo nello zuccheroso finale. La tragedia è dietro l’angolo e non può che trascinare negli Inferi i protagonisti. La pellicola, cupa e senza speranza,  gronda di spiazzante umanità e mette al centro le relazioni disfunzionali di un intero gruppo familiare. Michele, artista fallito, passa la vita a spedire lettere a Giorgio Morandi, suo amico di un tempo, con la speranza di ottenere l’autorizzazione a scrivere un romanzo sulla loro giovinezza. Solo e senza amici, ha sposato una donna che non ha mai ricambiato il suo amore e, per riempire il proprio vuoto interiore, s’aggrappa con i denti e con le unghie a Giovanna, l’unica persona con la quale può scambiare i propri aspetti infantili e regressivi. Dopo il feroce assassinio, ingoiate in fretta rabbia, delusione e sconcerto, invece di aiutare Giovanna a rileggere criticamente la realtà, Michele continua a rapportarsi con lei, nell’unica maniera che conosce, proteggendola in maniera puerile dal mondo esterno, snocciolando le sue pietose bugie ed alimentando, indirettamente, le costruzioni deliranti della figlia. Per starle accanto, abbandona Bologna, si trasferisce a Reggio, lasciando che Delia si consoli tra le braccia di Sergio (Ezio Greggio) un ispettore della polizia fascista, loro vecchio amico e vicino di casa. In questo piccolo trattato di psicopatologia familiare, Avati spiazza tutti ed invece di narrare l’ennesimo dramma di una figlia innamorata inconsciamente del padre, descrive, all’opposto, la sotterranea competizione al femminile tra l’affascinante ed algida Della e la goffa, sgraziata e bruttina Giovanna. Dopo La cena per farli conoscere, Avati prosegue idealmente il suo percorso personale sulla paternità, declinandolo tutto al maschile e lasciando che il viso scavato, smarrito e spaesato di Silvio Orlando frughi impietosamente nell’anima dello spettatore. Alba Rorwacher ha la faccia e la sensibilità giusta per dar vita ad una ragazza infelice e problematica e Francesca Neri, con i suoi sguardi intensi e penetranti, s’illumina ogni qual volta compare sullo schermo.  Da segnalare le scene realistiche girate all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Maggiano, dove un tempo lavorava Marito Tobino. Nel cast Serena Grandi, Paolo Graziosi e Manuela Morabito. Avvolgente la fotografia di Pasquale Raciti.

 

Da Segno Cinema - Numero 154- Novembre- Dicembre 2008

 

 

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