Intervista a Silvio Orlando
Un po' terrorizzante come
idea. Io non ho fatto nemmeno l'Università...Ho fatto undici esami in
Sociologia, la classica Università di parcheggio, poi ho abbandonato
subito...(...)
Ci vuoi dire qualcosa sul film
che abbiamo proiettato (Fuori dal
mondo n.d.r)
"In passato lo avevo
rifiutato perché ero un po' stanco dalla stagione che avevo fatto. Avevo fatto
teatro, cinema e pur rendendomi conto della bellezza del copione avevo in un
primo momento rifiutato. E poi il mio ruolo mi sembrava un po' troppo funzionale
alla storia cardine, quello della suora. Poi a settembre, a ottobre me lo hanno
riproposto ed ho accettato, nonostante rimanessero i miei dubbi sul mio
personaggio. L'ho fatto per affetto di Margherita che é un'attrice che io stimo
infinitamente. Ma poi vedendo il film, perché anche girandolo non sono riuscito
a percepire la potenza del film... poi abbiamo fatto tre o quattro incontri con
la stampa ed io non l'avevo visto, giravamo per l'Italia e io non l'avevo ancora
visto, poi un giorno ho detto; "Mo me lo vedo..."
Vuoi spiegare questo "non ho
visto il film"...
"Può capitare...Io cerco di vederlo all'ultimo possibile, prima di avere l'impatto definitivo con il "disastro"...
E'un'insicurezza che spesso hai nei confronti di quello che fai.
Mastroianni, forse non sarà una
cosa vera, ha sempre dichiarato di non aver mai visto un suo film...
Mastroianni é per me l'esempio
massimo di quello che un attore deve e non fare al cinema. Quindi poi l'ho
visto e sono rimasto veramente sorpreso dalla forza del film...Un film in cui
tutte le componenti del film Piccioni come regista, Margherita come attrice, la
musica...sono quelle magie in più, penso che questo film ce l'abbia...C'è una
sorta di muro sulla storia di queste persone, sono persone Invisibili,
in qualche modo. E' stata un po' questa la scelta vincente di Piccioni:
raccontare persone invisibili. Sono due persone che se incontriamo per strada
non li vediamo neanche. Ed invece la curiosità di andare a capire e
vedere...(...)
Quando ti sei avvicinato al
cinema?
"Un periodo dove tutti si dedicavano alla creatività. Si era "obbligati" ad essere creativi.Tutti recitavano. Quindi cantine, gruppi a Napoli ed in tutt'Italia...Quindi ho iniziato quel periodo lì...
Poi c'é stato i l terremoto, sono andato via e sono andato a lavorare a Milano con Salvatores che faceva teatro, dove c'era una generazione di attori giovani...
C'era uno spettacolo fortunato chiamato "Commedians",
c'era Bisio, Paolo Rossi, Catania...divenuto poi un film "Kamikazen", una
storia teatrale su sei comici votati all'insuccesso... Ed in quello spettacolo
mi ha notato Nanni che mi ha chiamato a fare "Palombella
Rossa".
Nel film "Kamikazen"
c'é questa tua battuta: "Sono così
sfortunato che quando un gatto nero lo incrocio per strada é lui che torna
indietro"...
"Ce n'erano un
milione...La forza di quello spettacolo... Tra l'altro i testi erano di
Gino e Michele...
A proposito di
Gino e Michele, nel primo dei
loro libri "Anche le formiche
s'incazzano", c'é questa tua battuta: "Quando
ero piccolo ero talmente povero che l'arcobaleno lo vedevo in bianco e nero"...
"Questo è un caso
clamoroso perché questa é una battuta che
BIsio aveva rubato da un comico
americano ed io l'avevo buttata dentro... Poi l'ha utilizzata Pieraccioni in
"Fuochi d'artificio" ed ha
vinto come come migliore battuta dell'anno che era una battuta rubata da uno
spettacolo che rubata...(...)
Poi c'è quest'altra tua
battuta: Ad una premiazione del Telegatto...."Questa
é la serata più bella della mia vita. Figuratevi
le altre..." Che volevi dire?
"Questa é mia...La battute
escono, vengono fuori ma non possono essere quella la ragione di vivere di un
comico. Il comico deve vivere perché ha una dimensione poetica. Le battute
servono però credo che un comico che utilizzi troppe battute é come una macchina
che consuma troppo. La battuta é come la benzina di una macchina. Se te
ne servono troppo vuol dire che c'è qualcosa che non va bene nel motore...
Tralasciamo i contributi di
Freud, Bergson e di
Pirandello sul motto di spirito, sull'umorismo....Tu nascevi, in
qualche modo, come comico ma il film che abbiamo presentato non lo possiamo
definire un film comico...Tu dicevi in un'intervista che volevi fare dei film
"popolari", con una griglia divertente ma che lascino pensare...
"Il cinema credo che debba
essere un'arte popolare. Nasce così e credo che debba tendere a quello. Deve
cercare di arrivare il più possibile. Ora questo film non é un film popolare...
Tendo ad un cinema popolare, ad un arte popolare. Ora dire popolare significa
dire primitivo...
Commedia all'italiana?
"La commedia all'italiana
é un ombrello in cui ci stanno sotto.... c'è dentro un po' di tutto. E' un
termine un po' vago. Se per commedia all'italiana intendiamo quel periodo che
va dalla fine degli Anni Cinquanta all'inizio degli Anni Settanta, allora mi ci
riconosco. Poi purtroppo é diventato un genere e come tutti i generi ha avuto
una forma di decadimento...In quegli anni si faceva un cinema popolare bello da
vedere e da sentire... Purtroppo la forbice si è allargata molto tra un cinema
ultrapopolare e commerciale e ed un cinema intellettuale ed in mezzo
troviamo poco...Credo che al cinema non sono riuscito ad esprimere il mio
talento comico...Mi trovo spesso a fare il cinema non comico perché il cinema
comico che si fa in Italia spesso é un cinema brutto e dovendo scegliere dei
copioni sono quasi sempre dei film non comici...(...)
Dopo Salvatores, Moretti...
Moretti é un regista che adoro e poi gli sarò grato per tutta la vita
perché mi ha regalato la foto per la copertina del mio libro "Curare con
il cinema"...La foto é tratta da "La
stanza del figlio" e ci sei tu sdraiato sul lettino e Nanni Moretti alle
tue spalle...
"Ho conosciuto Nanni per "Commedians", poi mi ha chiamato per "Palombella Rossa", uno dei suoi film più complessi. Mi chiese di partecipare ed accettai. Ricordo che stavamo ore ed ore in quella benedetta piscina...per tre, quattro mesi. Non se ne usciva mai..."
.
E' vero che gira le scene più
di una volta?
"Si. Poi lo ho incontrato ne "Il Portaborse", "Aprile", "La stanza del figlio"..."
Immagino che per parlare dei
tuoi rapporti con Moretti dovremmo fare un incontro a parte... Qualche anno fa,
iniziai le mie "Interviste" qui all'Università con
Kim Rossi Stuart. Proiettai,
dopo l'incontro con lui, quel bellissimo film di
D'Alatri "Senza
Pelle"... In un'intervista,
D'Alatri affermò: "Quando
facevo la pubblicità qualcuno si lamentava che io non usavo tanto gli effetti
speciali. Per me l'unico effetto speciale é l'attore...Io l'ho fatto da bambino
quasi per gioco, ma mi é bastato per capire che l'attore trascorre più tempo a
star fermo e ad aspettare che non a fare qualcosa." Antonioni,
invece, affermava: "Quando l'attore é
intelligente e vuole approfondire, rendersi conto di tutto, anche delle
sfumature, entra in un campo che non é suo. In sostanza, si crea ostacoli da sé.
Le sue riflessioni sul personaggio finiranno per intralciare il suo lavoro, lo
porteranno verso l'innaturalezza. L'attore di cinema deve arrivare alle riprese
in uno stato di verginità. Più il suo sforzo sarà di carattere intuitivo più il
risultato sarà spontaneo." ...
"Ognuno ha la propria teoria sui
come sia meglio recitare... Apriamo un campo abbastanza vasto che ci porta a
parlare delle differenze tra cinema e teatro... Il teatro é basato su una grande
generosità, sul darsi, ricercare, di mettersi in discussione durante le prove,
di limare, rifare, rifare... Invece, il cinema spesso é basato su di un'economizzazione
degli sforzi. Per i primi tempi che tu fai il cinema, sei come uno che gioca al
tennis e usa male i muscoli, per cui alla fine sei stanco, perché hai usato
male, quei muscoli, quei cinque muscoli che, forse, ti servivano. Quando
incominci a capire questo è l'inizio per lavorare bene ma é anche una cosa
pericolosa... Sei pronto mezz'ora prima di girare, un quarto d'ora prima di
girare, dieci minuti prima di girare, cinque minuti prima di girare, poi
alla fine non sei pronto mai. Non sei più pronto, non riesci a recitare più, a
forza di economizzare. Io credo che esistono delle mediazioni molto forti. Il
cinema ti abitua a delle pause lunghissime e a delle attese in cui non sai come
riempirle... Antonioni?
Per lui gli attori sono dei segni molto precisi, dei corpi... ma poi c'é anche
il cinema in cui l'attore é chiamato di più ad esprimere se stesso. Alla
fine, io credo che la maturità di un attore si esprima attraverso il
teatro... (...)
Napoli il
20.12.2002
L'intervista
completa é pubblicata su "Il cineforum del dottor Freud" di Ignazio Senatore -
Centro Scientifico Editore.