Napoli e il  cinema: il muto e il cinema degli albori

 

I primi film dei fratelli Lumiere furono proiettati per la prima volta a Napoli nell’aprile del 1886 la prima sala cinematografica cittadina, aperta dal padovano Mario Recanati nella Galleria Umberto I. Il cinema muto fu accolto al tempo a Napoli con grande entusiasmo ed in un paio di anni in città le sale cinematografiche divennero venti. Tra le prime pellicole proiettate La fiammata ed Il dubbio di Roberto Bencivenga del 1904, Il marito distratto e la moglie manesca del 1905, prodotta da Roberto Troncone, antesignano dei produttori napoletani, dove fa la sua apparizione Francesca Bertini, acclamata diva del muto, che verrà diretta l’anno successivo da Giovanni Pastrone, in Primavera in lacrime, film girato completamente in esterni a Posillipo. Un incredibile successo di pubblicò riscosse L’eruzione del Vesuvio, diretto sempre da Roberto Troncone, che mostrando per la prima volta sullo schermo l’eruzione del vulcano, divenne uno dei primi  documentaristi della storia del cinema italiano. La scelta di ambientare le vicende a Napoli, al tempo, non era poi così casuale ma era dettata sopratutto da esigenze pratiche. I registi dell’epoca, infatti, disponendo di macchine da presa rudimentali, di pellicole e di lenti poco sofisticate, si avvalevano di numerose riprese in esterni e gli splendidi squarci paesaggistici del Golfo fungevano da cornice ideale alle vicende.

Sulla scorta del grande successo di pubblico al botteghino, nacque a Napoli nel 1907 La Lanterna, il primo giornale di divulgazione cinematografica italiano e furono fondate le prime case di produzioni partenopee come la Miramar, la Partenope e la Vesuvio, che finanziarono pellicole come In giro per Napoli, Montevergine, la Partenope, Maria viene a Marcello, pellicola diretta da Geppino Jovine che trasportò sullo schermo la commedia Na creatura sperduta di Eduardo Scarpetta.

Superate le prime diffidenze legate al crescente successo della “Settima arte”, intellettuali napoletani come Roberto Bracco e Matilde Serao si avvicinarono al cinema e scrissero alcuni soggetti. Bracco firmò Nellina, La principessa, Il diritto di vivere,, perduti nel buio; Matilde Serao La mia vita per la tua, Torna a Surriento, La mano tagliata, Dopo il perdono… Anche autori teatrali del calibro di Raffaele Viviani non disdegnarono di comparire in veste di attore in pellicole come Amore selvaggio e Testa per testa.  

C’è da ricordare però che il cinema, al tempo, muoveva ancora i primi passi e gli spettatori non potevano resistere a lungo dinanzi alle tremolanti immagini proiettate sulla tela. Alcuni esercenti pensarono allora di abbinare al film, una serie di supporti spettacolari dal vivo, con numeri di varietà ed interventi di cantanti, ballerine, equilibristi e fantasisti. Nacque così il “caffè-chantant”, che ebbe uno straordinario successo di pubblico a Napoli proprio perché la canzone dialettale napoletana attraversava il suo periodo d’oro. Contemporaneamente la sceneggiata, nata tra la fine del 1910 ed il 1920, iniziò ad attirare sempre più l’attenzione degli spettatori. Il copione era semplice; dei malavitosi s’innamorano della stessa donna o vanno in galera per aver lavato l’onore offeso, le protagoniste femminili divorate da infuocata passione ed un paio di canzoni che fungevano da collante alla storia. Il procedimento adottato era quello di organizzare “scene sulle canzoni”, inframmezzate da balletti. Ma il successo di quegli anni  fu Assunta Spina, tratto dal dramma di Salvatore Di Giacomo, diretto da Gustavo Serena e interpretato dalla “divina” Francesca Bertini.  Assunta è una donna del popolo, inquieta e passionale ed il suo amante, Michele, corroso dalla gelosia, si vendica, sfregiandola in volto. L’uomo, arrestato e processato e condannato a scontare una pena di due anni di carcere ad Avellino. Per farlo rimanere a Napoli, Assunta si concede a un cancelliere del tribunale ma poi confessa tutto a Michele, che appena esce di galera, lo uccide ed Assunta si incolpa del delitto.

(1. Continua)

Articolo pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno  13 – 7- 2014

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