Il mio piccolo genio (Little man tate)

di Jodie Foster con Jodie Foster, Adam Hann-Byrd, Dianne Wiest - USA – 1991 – Durata 99’

 

Fred Tate (Adam Hann-Byrd) è il classico bambino prodigio; a due anni sa già leggere, a quattro compone musica e suona il pianoforte, a sette è un matematico con i fiocchi. La madre Dede (Jodie Foster) fa la cameriera in un pub e non da molto peso alle straordinarie capacità cognitive del figlio. La dottoressa Jane (Dianne Wiest) intuisce il grande potenziale del piccolo e, vinte le resistenze di Dede, lo iscrive ad una gara annuale dove partecipano dei piccoli geni. Fred sbaraglia tutti ed è iscritto successivamente ad corso universitario di fisica quantistica. Ma è sotto pressione, scoppia e si rifugia tra le braccia della madre. Ritornato ad essere un bambino normale, festeggia gli otto anni insieme ad i coetanei.

Esordio nella regia di Jodie Foster, ex bambina prodigio, che compone un film tenero e delicato. Il piccolo Fred è descritto come un ragazzino superdotato intellettivamente ma deprivato affettivamente; non solo non ha mai conosciuto il padre ma, taciturno ed  introverso, non ha amici e guarda sconsolato gli altri bambini che giocano felici e spensierati. Fragile emotivamente, di notte, soffre di incubi e si immagina dentro i quadri di Van Gogh. In maniera un po’ convenzionale, la regista contrappone due donne in lotta per il futuro di Fred; da un lato la dolce ma ordinaria Dede, una donna che non ha i mezzi per farlo studiare e vorrebbe fargli vivere una vita normale e dall’altro Jane, una psicologa che conosce cinque lingue, non perde occasione per sottoporlo a dei test, che lo nutre con la macrobiotica, gli vieta di bere la Coca Cola e che negandogli l’infanzia e super investendo su di lui, lo tratta come una cavia da laboratorio. I dialoghi non sono un granché ma due annotazioni sui piccoli geni superdotati sono da segnalare: “Si dice che il genio impari senza studiare e che sappia senza imparare, che sappia essere eloquente senza preparazione, esatto senza calcolare e profondo senza riflessione.” e Non è il quoziente intellettivo che conta ma come lo usi”.

 

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