“Milion dollar baby” di Clint Eastwood – USA (2005)
Frankie Dunn (Clint Eastwood) gestisce la Hit Pit (buca da botte), una palestra scalcinata alla periferia di Los Angeles. Il suo fedele braccio destro è Eddie “Scrap-Iron” (Morgan Freeman), un ex pugile che, in un incontro, per un destro maledetto, dovette dire addio ad un occhio. Nella palestra il solito via vai di scoppiati e di eterne promesse in cerca di gloria. Un giorno, in quel buco, si presenta Maggie Fritgerald (Hilary Swank) una ragazza non più giovanissima che lavora come cameriera in un caffè di Venice beach. Lei non ha nessuna voglia di diventare una supercicciona come la madre o una fallita come la sorella e possiede ambizioni, fegato e coraggio da vendere.
Frankie, dapprima, si rifiuta di allenarla poi, cede. Maggie è un talento naturale e spedisce al tappeto, al primo round, tutte le sfidanti. Non le resta che il grande balzo ed incrociare i guantoni per il titolo mondiale, a Las Vegas, per un milione di dollari. Un finale tragico e struggente chiuderà il film. Con questo suo “Million dollar baby”, Eastwood ci propone la sua triste e sconsolata metafora del “sogno americano”. Come ogni jankee che si rispetti, Maggie vuole giocarsi, almeno una volta nella vita, la sua chance. Non le importa come va a finire, quello che “veramente” conta per lei, è averci provato. Ma la vita si sa, non ti regala niente ed ha le sue regole spietate, i suoi trucchi ed i suoi inganni. Maggie non è fortunata come Rocky Balboa e la vita continuerà a sputarle in faccia, come le aveva fatto fino ad allora.
Eastwood utilizza la boxe come metafora della vita e ci mostra una donna che affila gli artigli dentro un guantone, per non soccombere al proprio destino. Il film è una grande storia epica, incentrata sull’incontro tra Frankie, un padre alla ricerca di una nuova figlia (quella naturale rispedisce al mittente le lettere che lui le manda) e Maggie, una figlia alla ricerca di un nuovo padre (il suo è morto da tempo). Sin dalla prima inquadratura, si intuisce che sotto la scorza di duro, Frankie cela un cuore tenero e friabile e che si penderà cura della ragazza, suggerendole di imparare, come prima regola, a “proteggersi”, sul ring, come nella vita. Già nel 2000 Garlin Kusama ci aveva mostrato in “Girlfight” un boxeur donna, testarda e risoluta come Maggie, con una famiglia disastrata alle spalle (madre suicida e padre alcolista e disturbato) ma Eastwood non ama le storie “romantiche” ed il suo Million dollar baby” è più amaro e duro di quello confezionata dall’esordiente regista americana.
Anche se non è tout-court un film sulla boxe, spettacolari sono le riflessioni sulla “nobile arte”: “La gente ama la violenza, rallenta per vedere gli incidenti.”, “Tutto nella boxe funziona al contrario. Per spostarsi a destra, devi spingere sull’alluce sinistro. A volte per tirare un colpo vincente si deve arretrare, ma se arretri troppo non combatti più.". “Nella boxe, invece, di allontanarsi dal dolore, gli vai incontro”. “Alcune ferite sono troppo vicine all’osso”. Tanto è fisico, impetuoso e dilagante la prima parte del film , quanto lo è, all’opposto, la seconda.
“Million dollar baby” resta un grande film ma sarebbe stato perfetto se il regista lo avesse tagliuzzato un po’, nella seconda parte, decisamente lenta, didascalica ed orientata, un po’ troppo, a rigare di lacrime le guance dello spettatore. Il vecchio Clint (ancora più espressivo con la sua faccia scolpita dalla rughe) utilizza la voce fuori campo di Morgan Freeman per accompagnare per mano lo spettatore. Hilary Swank (già vincitrice di un Oscar e di un Golden Globe per 'Boys don't cry”) non sfigura di fronte a questi due mostri sacri e si muove sullo schermo (e sul ring) come un animale selvatico, ferito. Il film, dopo un parziale successo ai Globen Gold, ha sbancato gli Oscar vincendo i premi per miglior film, miglior regia, miglior attrice e attore protagonista. Il soggetto , rifiutato dalla Warner Brothers, trae ispirazione da un racconto “Lo sfidante” tratto dalla raccolta “Stories from the corner” di F. X. Toole, ex cut boy. Per chi volesse approfondire i rapporti tra cinema e boxe, da segnalare il bel libro di Alessandro Cappabianca “Boxare con l’ombra- Cinema e pugilato” (Le Mani Editore 2004- 15,00 Euro).
dalla Rivista "Eidos- Cinema,
Psiche ed arti visive" Numero 2