Intervista a Vincenzo Marra

 

Vincenzo Marra è forse il regista napoletano più talentuoso della nuova generazione. Aiuto regista di Martone e di Bechis, con la sua opera prima Tornando a casa, distribuito dalla Sacher, ha ottenuto i premi come “miglior film della Settimana Internazionale della Critica al Festival di Venezia e come miglior regia al Festival di Valencia. Dopo il documentario Estranei alla massa su un gruppo di Ultras del Napoli, nel 2004 dirige Vento di Terra che viene premiato con il “Fipresci al Festival di Venezia” e “film rivelazione dell’anno” della Semaine de la Critique a Cannes”.

Ci racconti come ti è nata la spinta a diventare  regista?

 

"Ho iniziato per caso spinto dal bisogno di raccontare le storie che avevo dentro ed a ventitre anni ho capito che il mezzo migliore per esprimere le mie emozioni era il cinema. Ho preso alla lettera  un’affermazione del grande Stanley Kubrick: “Il modo migliore per imparare a fare cinema è quello di fare un film” e nel 1997  ho girato Una rosa prego, un cortometraggio che è piaciuto molto ai francesi e successivamente ho realizzato una sceneggiatura che fu premiata al Solinas ma che non ho mai tradotto sullo schermo."

 

Come mai da allora non hai mai tratto un film da una sceneggiatura che ha ricevuto un premio così prestigioso?

 

"Perché quel testo nasceva da un urgenza di allora che adesso non sento più. E’ come quando finisce una storia con una ragazza di cui non sei più innamorato."

Peppuccio Tornatore mi raccontava che un regista ha tanti progetti nel cassetto e girare un film è un incidente.

 

"Per me fare un film è un’ossessione che non si placa fino a quando non l’ho realizzato. E’ talmente forte dentro di me che sarei disposto a morire pur di portare in porto un mio progetto. Fare un film nel sistema italiano non è facile e significa anche dover effettuare delle rinunce ma significa anche fare delle scelte che ho pagato in prima persona. Vento di terra non è un film commerciale ed ho vissuto anni durissimi. Sarà per questo motivo che amo quei registi Orson Welles che si batteva come un leone per fare un film anche se poi la produzione gli imponeva dei drastici tagli alle sue opere. Francesco Rosi ha messo cinquant’anni per fare La tregua mentre Sergio Leone non è riuscito a portare a compimento il suo progetto sull’assedio di Leningrado."

 

"La critica ti considera un regista dal taglio realistico.

 

"Credo che sia una storia che determina il tuo modo di girare e non viceversa.  Un regista deve essere duttile e dovrebbe essere anche in grado di cambiare genere. Come affermava Antonioni un regista fa sempre lo stesso film. Ogni regista ha la propria ossessione, il proprio pallino e se si va a vedere i suoi film scopri che c’è chi è legato al discorso del padre, chi a quello del viaggio o della terra. Io non amo le classiche storie borghesi dove i protagonisti sono in crisi per l’amore o per il sesso ma sono affascinato dalle storie della mia terra ed interessato a narrare, invece, le vicende di una famiglia di Scampia che vive all’undicesimo piano."

I tuoi film si contraddistinguono per un certo tipo di sguardo. Sei più attento alle immagini o alle storie?

"Nasco come fotografo ed ho anch’io le mie ossessioni e chi conosce il mio cinema sa che prediligo un certo tipo di movimenti di macchina."

Quello che mi colpisce di più del tuo cinema è l’uso che fai del silenzio

 

"E’ vero, utilizzo molto il silenzio anche perché per me è fondamentale. Non amo quei film dove sono travolto da un tipo di verbosità che rimanda più alla radio che al cinema.

Napoli è ritornata sulle prime pagine nazionali ed internazionali Cosa ne pensi di questo furioso tam tam mediatico di questi giorni.

Proprio l’altro giorno ho visto un programma su La 7 che si intitolava Napoli, vita morte e miracoli. Non voglio negare un certo tipo di realtà ma nessuno parla mai di quelle persone dai sani principi che non sono camorriste. Per me il vero eroe è quell’abitante di Scampia che si alza alle sette di mattina, va a lavorare, torna a casa, si vede la televisione e poi va a dormire. Il vero eroe è quello che non ha grilli per la testa  e conduce una vita onestamente.

Stai terminando di montare L’ora di punta, il tuo ultimo film che non hai girato a Napoli

E’ il mio primo film che ho girato lontano dalla mia terra. La vicenda è ambientata a Roma ed ha nel cast una diva come Fanny Ardant e come attore protagonista uno sconosciuto trentenne, di origini foggiane che si chiama Michele La Stella.

 

Articolo pubblicato su "Il Napoli - Epolis"- 10 -6 -2007

 

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