Museo Maradona
Alla morte di Mausolo, (353 A.C) re di Caria, sua
moglie Artemisia fece erigere ad Alicarnasso, una tomba in suo onore. Tanta fu
la sua bellezza e magnificenza dell’opera che, al tempo, il sepolcro fu definito
una delle ineguagliabili meraviglie del mondo. Con il passare dei secoli, in
onore di tale mirabilia, fu coniato il termine “mausoleo”.
Il termine “museo” deriva, invece,
etimologicamente dal greco “museion” e fu istituito da Tolomeo Filadelfio in
Alessandria per promuovere la cultura, le lettere e le scienze.
Il “museo”, luogo della memoria e
testimonianza imperitura dell’uomo contro l’oblio del tempo, era un luogo sacro
caro alle Muse e raccoglieva libri, pitture e manufatti del passato, da
custodire contro le insidie del tempo. Mausoleo e museo; due luoghi
distinti e separati, eppure associati, con un’accezione spesso dispregiativa, a
dei luoghi “necrofilici” e privi di vita. Questo
sottile filo che legava i due termini è stato, definitivamente, spezzato da
“M10”, un museo unico al mondo e visitato, l’anno scorso, a Buenos Aires, in
ventotto giorni, da duecento cinquantasettemila persone. L’acronimo che dà il
titolo al Museo è sintetico e chiaro: “M” sta per Diego Armando Maradona ed il
numero “10” quello da lui indossato
nella sua folgorante carriera da calciatore. Museo insolito ed unico al mondo
dove viene onorata la carriera del più grande calciatore di tutti i tempi, in
barba alla più classica della scaramanzia (i musei non sono generalmente
dedicati alle persone scomparse?). E se “M10” in Argentina dava più
spazio alle stagioni sudamericane di Diego, la sessione europea è orientata
maggiormente a dar risalto alle sue gesta calcistiche, compiute nel Vecchio
continente. Approdato l’otto gennaio a Napoli ed ospitata nell’Arena Flegrea,
all’interno della Mostra d’Oltremare (a due passi dallo Stadio San Paolo) il
museo raccoglie più di mille cimeli che sono appartenuti al grande “pibe de
oro”; dal berretto di Fidel Castro, al pallone d’oro di France Footbal, dalle
scarpette del gol del secolo (quello di Argentina- Inghilterra”) fino alle 136
magliette indossate nella sua carriera. Una
serie di maxischermi mandano in onda, ininterrottamente, le prodezze calcistiche
di Maradona ed al termine del percorso, tre minuti e mezzo di video sintetizzano
i momenti più salienti della sua vita. Il catalogo della mostra è, infine,
scritto metà in italiano e metà in napoletano. Ernesto Texo, un argentino
cicciottello e con una faccia da simpaticone, ha dichiarato che l’allestimento
del Museo è stato possibile grazie alla meticolosa raccolta ed archiviazione dei
“pezzi” fatta da Claudia Villafane, ex moglie de “el pibe”e madre delle sue
figliolette. Ma il titolare di diritti della Mostra non ha potuto
spiattellare che Diego, ormai in bolletta, per ripianare i suoi debiti con la
sua ex moglie, le ha “regalato” le royality del Museo per i prossimi dieci anni.
C’è chi ha storto il naso di fronte a questa iniziativa ed ha tacciato “M10”, il
luogo per eccellenza della inveterata dietrologia dei napoletani. C’è stato
addirittura un manipolo di “benpensanti” locali che avrebbe (timidamente)
protestato perché una città come Napoli non avrebbe dovuto ospitare un museo
dedicato ad un inguaribile cocainomane. Il
museo chiuderà i battenti il 30 marzo (prezzo d’ingresso 10 euro). Chiunque lo
visita ne esce con il cuore gonfio di nostalgia e con un inestricabile nodo alla
gola. Maradona è fiero di questa iniziativa perché vuole che i bambini di Napoli
possano ri-vedere a distanza di anni, le giocate ed i gol che infiammarono i
cuori di milioni di napoletani. Iervolino
e Bassolino gli hanno promesso la cittadinanza onoraria della città ed il “pibe
de oro”, dopo aver risolto il vecchio e gravoso contenzioso economico che aveva
con lo Stato, sembra possa, finalmente, ritornare a Napoli. Diego, ti aspettiamo
ma da vincitore. Ci fa troppo male vederti così gonfio e grasso e saperti
schiavo di una tossicodipendenza che non hai ancora gettato alle tue spalle.
La Voce della Campania
– Numero 2 Febbraio 2005
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