Intervista a Carlo Luglio

 

Con Capo Nord la sua pellicola d’esordio, diretta nel 2001, ha vinto il Festival di Valencia e di Brooklyn. Sotto la stessa luna è stato premiato al Festival de Il Cairo ed ha ricevuto una menzione speciale al festival di Annency. Nonostante questi riconoscimenti internazionali Carlo Luglio non si monta la testa e con forza e vigore si batte perché le sue pellicole acquistino maggior visibilità.

 

"Come ha mosso i suoi primi passi nel cinema?

 

"La mia passione per il cinema risale alla mia adolescenza quando mi iscrissi al DAMS di Bologna. In quegli anni divorai, tutto d’un fiato le pellicole di Bresson, Cassavetes, Truffaut, Fellini e Bergman e mi dividevo tra la Cineteca ed il cinema Alfa, una sala di terza visione che proiettava pellicole un po’ sgranate. Poi sono andato a Roma a fare l’assistente di regia de Il branco di Marco Risi e di Vite strozzate con Ricky Tognazzi."

 

Si favoleggia sempre sul ruolo dell’assistente di regia sul set. Qual’è realmente il suo compito?

 

"Quando fai l’assistente non metti l’occhio dietro la macchina da presa ma ti devi occupare di compiti meramente organizzativi, dal far ripassare la parte ad un attore, al far muovere le comparse sulla scena prima del ciak. Il vero mestiere, i tagli delle inquadrature ed il resto lo rubi parlando con il direttore della fotografia."

 

E’ ritornato poi a Napoli dove ha diretto Il cinema salato, un bellissimo documentario sul cinema muto napoletano.

 

"Lo girai nel 1999 per RaiSatCinema e raccolsi delle interessanti testimonianze di Mario Franco, Goffredo Fofi, Valerio Caparra, Pasquale Scialò ed intervistai tre ottantenni che raccontavano i loro ricordi di spettatori dell’epoca.  Doveva uscire in DVD ma poi il progetto fallì."

 

Poi fu la volta di Capo Nord, il suo primo lungometraggio

 

"Era un film che coniugava più generi e spaziando dal tragicomico all’on the road raccontava di alcuni personaggi che tentavano di fare un colpo in Germania e che si trovavano poi a sud della Norvegia dove si imbattevano in alcuni sbandati locali. La pellicola risente troppo, a mio avviso, di una certa esuberanza giovanile e, rivedendolo, credo che, se fosse stato montato diversamente, sarebbe un ottimo film. Nonostante alcune pecche conteneva delle scene intense e poetiche, non era il classico film italiano “due camere e cucina” ed aveva un’ambientazione più europea."

 

Cosa l’ha spinto a girare un film in Norvegia?

 

"Quando avevo quindici anni ero stato in quei luoghi ed ho voluto raccontare le mie esperienze giovanili, romanzandole un po’. Il film fu boicottato in Norvegia perché mostrava dei giovani loser che appartenevano alla working class e per questo motivo non piacque alle autorità locali  Nel corso di altre proiezioni, in ambiti non ufficiali, fu accolto molto bene anche perché gli attori norvegesi che avevo scelto erano molto noti in patria."

 

Nel 2004 ha diretto il film-documentario Sotto la stessa luna

 

"Fu girato ambientato in un campo profughi Rom a Scampia. Gaetano Di Vaio per l’Associazione “I figli del Bronx” fu il motore organizzativo, sia per le location che per il cast e grazie a questa esperienza scoprii l’umanità di un popolo che non è simpatico a molti. Nonostante i consensi della critica questo film non è mai uscito nelle sale.

Fu poi la volta di Cardilli addolorati, documentario scritto con Romano Montesarchio

Il documentario narra la storia di alcuni bracconieri che catturano cardellini e li rivendono al mercato di Poggioreale. Ho voluto dar voce a queste persone innamorate degli uccelli e che coltivavano una passione contadina rurale. Anche se la loro attività è da condannare credo causi meno guasti di tante altre attività illegali. Tutto il mio cinema ha l’obiettivo di dar voce ai perdenti, ai marginali ed agli emarginati e lo faccio senza mai enfatizzare, essere compiacente o scivolare nel romanticismo. Questa storia mi ha così entusiasmato che ho già scritto la sceneggiatura per un film ance se avrà un taglio più comico e picaresco.

 

Qual è il suo prossimo progetto?

 

"Con Gaetano di Vaio ed “I figli del Bronx” è partito un progetto dal titolo “Il proprio vissuto” che coinvolge in fase di sceneggiatura dei detenuti. Io dirigerò un episodio e gli altri saranno diretti da Abel Ferrara, Mario Martone, Tony D’Angelo, il figlio di Nino e da Olivares.

 

 

Articolo pubblicato su "Il Napoli - Epolis"- 16 - 7 -2007

 

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