Litigi d’amore di Mike Binder- USA -2005
Terry Wolfmeyer (Joan Allen)
quarantenne, madre di quattro splendide adolescenti, vive in una tranquilla
cittadina della provincia americana. Suo marito è fuggito con la sua segretaria
all’estero e non le resta che stordire il proprio dolore nell’alcol. “Compagno
di bevute” è Denny (Kevin Kostner) il suo vicino di casa, un ex campione di
baseball che vivacchia facendo il commentatore sportivo in una piccola stazione
radio-televisiva. Dopo le immancabili scaramucce, tra i due scocca l’amore.
Denny è un compagno amorevole, una persona solare ed un valido punto di
riferimento affettivo nei confronti delle quattro ragazze; Terry, invece, ferita
ancora nel suo orgoglio, continua a scaricare su tutti, vagoni di collera e di
rabbia. La situazione sembra precipitare ma un finale amaro (e davvero
inaspettato) riporterà un po’ di pace tra i protagonisti. La pellicola, diretta
con gusto e con eleganza dal regista, pone al centro della storia Terry, una
madre delusa e sconfitta che, dopo l’abbandono del proprio marito, è incapace di
gestire, emotivamente, anche i più piccoli problemi familiari.
A far da contorno alla
protagonista le sue quattro turbolenti figliolette: Hadley (Alicia Witt) è
iscritta al college e non vede l’ora di fuggire via da casa; Emily (Keri
Russell) è divorata dalla segreta passione di diventare ballerina; Andy (Erika
Christensen) per bruciare precocemente i tempi, allaccia una relazione, senza
sbocchi, con un uomo di mezz’età; Popeye (Evan Rachel Wood) è innamorata di un
ragazzo che si proclama gay.
Mike Binder è bravo nel
mostrare come la protagonista riesca a fare il vuoto intorno a sé, attaccando,
da un lato, i legami affettivi più significativi e dispensando, dall’altro, in
maniera autodistruttiva, alle figlie ed al premuroso Denny, solo sguardi di
sufficienza, frecciatine velenose e commenti sarcastici e svalutativi.
Come recita il titolo
originale (“The upside of anger”) la pellicola è soprattutto un’ utile
riflessione su quei sentimenti distruttivi (la collera e la rabbia) che possono
prendere (inconsapevolmente) il sopravvento su una madre disperata, confusa,
fragile e vulnerabile.
Il regista, per non
appesantire la trama, alterna, sapientemente, momenti gustosi e divertenti a
riflessioni più intime e pacate. In questa pellicola Mike Binder sottolinea,
inoltre, con forza, come “l’abbandono” non fa affatto rima con “dono” e come,
paradossalmente, una donna che si viene a trovare, improvvisamente, da sola,
invece di farsi nutrire dalle relazioni affettive (familiari e non) che le sono
intorno, viene spinta, al contrario, ad impoverirsi ed a chiudersi, ciecamente e
difensivamente, ancora più in se stessa. “Litigi d’amore”, pur rifacendo
il verso alla classica commedia americana, non è né banale, nè superficiale ed è
attraversato da un pizzico d’umorismo e di ironia che stempera, al momento
giusto, le piccole tensioni che scattano tra i protagonisti.
Acclamato al Sundance Film
Festival (la rassegna cinematografica promossa da Robert Redford) la pellicola è
confezionata su misura per la protagonista, un’intensa Joan Allen. Kevin Kostner
(appesantito di proposito per interpretare la parte dell’alcolico vicino di
casa) sembra un pesce fuor d’acqua ma se la cava con un po’ di mestiere nella
parte dell’uomo confuso e spaesato che cerca di fronteggiare le contraddittorie
richieste delle sue (adorabili?) vicine di casa. Curiosità: il film è in gran
parte autobiografico perché il regista è figlio di genitori divorziati. E’ lo
stesso Mike Binder che in un’intervista ha affermato: “Quando ero bambino, i
miei genitori si sono separati e mia madre ha attraversato un periodo molto
duro, che è durato anni. Ho concepito l’intera sceneggiatura come una parabola
sulla collera che non trova il suo sfogo, sulle cose per le quali la gente perde
tanto tempo ad arrabbiarsi.”
Recensione
pubblicata sulla Rivista Friendly –
Numero 6 – Giugno 2005