Légami! (¡Atame!)
di Pedro Almodóvar con Victoria Abril, Antonio Banderas, Francisco Rabal, Loles
Lèon, Maria Barranco - Spagna -
1989 – Durata
Ricky (Antonio Banderas) ama
segretamente Marina (Victoria Abril) una nota attrice e non appena è dimesso dal
manicomio dove è stato ricoverato alcuni anni, piomba sul set dove lei sta
girando le ultime scene di un film horror diretto da Massimo (Francisco Rabal)
un regista settantenne inchiodato
su una sedia a rotelle e segretamente innamorato di lei. Ricky prova a far
breccia nel cuore di Marina che, fredda e decisa, lo liquida su due piedi.
Testardo e cocciuto Ricky la segue ed entra
a forza nel suo appartamento. Marina prova a reagire ma lui mentre le
confessa lo smisurato amore che prova per lei, l’imbavaglia, la lega al letto e
l’ammanetta. Marina gli urla in faccia il proprio disprezzo poi, finge di stare
al suo gioco e, divenuta docile e mansueta, l’implora di accompagnarla da Berta
(Maria Barranco) una sua amica dentista, con la scusa di dover per placare un
incoercibile dolore ai denti. Marina prova, invano, a destare l’attenzione della
dottoressa che le prescrive un farmaco che si può reperire solo al mercato nero.
Per procurarsi quel sonnifero Ricky deruba una spacciatrice ma è pestato dai
suoi complici. Nel vederlo ridotto uno straccio, Marina s’intenerisce, lo medica
e fa l’amore con lui. Lola (Loles Lèon) la sorella di Marina, dopo aver provato,
invano, a mettersi in contatto con lei, in maniera rocambolesca riesce a
liberarla dal suo carceriere ma Marina e perdutamente innamorata di Ricky e
decide di vivere al suo fianco.
Commedia esile ed acerba diretta con la
tipica verve dall’irriverente regista spagnolo. L’idea che una donna s’innamori
del suo sequestratore non è nuova al cinema ma Almodovar più che scavare nei
meandri dei due protagonisti si limita a confezionare un film che galleggia tra
la commedia ed il melodramma. L’avvio è però entusiasmante e, dopo una piccola
incursione nel cinema nel cinema, Ricky è descritto come un venticinquenne dal
cuore tenero, solo al mondo, e con una dolorosa infanzia alle spalle; a tre anni
era stato spedito in un orfanotrofio e dopo qualche anno trascorso in un
riformatorio era stato ricoverato in una clinica psichiatrica. Non appena mette
piede a casa di Marina, dopo essersi scusato per averla dovuto colpire al volto,
prova a rassicurarla e le confida: “Ho
dovuto rapirti perché tu mi possa conoscere a fondo sono sicuro che allora
t’innamorerai di me come io lo sono di te. Ho ventitrè anni e cinquantamila
pesetas. Cercherò di essere un buon marito per te ed un buon marito per i tuoi
figli” Marina comprende di trovarsi di fronte ad uno squilibrato ma, tenace
e testarda, prova a tenergli testa. Infastidito dal suo atteggiamento ostile e
riottoso, Ricky, con tono deciso, le dice:
“Quanto tempo ci metterai per innamorarti
di me? Di quanto tempo hai bisogno per essere sicura che nessuno ti amerà come
me?” E sono proprio queste disarmanti confessioni amorose che sciolgono, nel
tempo, le resistenze di Marina e la spingeranno tra le braccia del suo
sequestratore. Sin dalle prime battute il regista si schiera dalla parte del
pittoresco protagonista che, nonostante la sua scelta patologica, sembra più
vivo e pulsante della pallida e sbiadita Marina, una donna sola e con il cuore
appassito. Senza troppa originalità Almodovar la mostra mentre urla, strepita e
si ribella al suo carceriere ma, dietro la sua formale opposizione, appare
evidente che è, irresistibilmente, attratta da chi l’ha sequestrata in casa,
picchiata e maltrattata. Bastano, infatti, alcune zuccherose dichiarazioni
d’amore del suo sequestratore ed un paio di languidi sorrisi che cederà e finirà
per cadere tra le sue braccia. Pecche di sceneggiature a parte, la pellicola
deve la sua forza alle variopinte scenografie di Esther Garcia, ai festosi
costumi di Josè Maria de Cossio e Peris Hermanos ed alle divertenti musiche di
Ennio Morriconi che fanno il verso alle colonne sonore dei classici del giallo.