Il Venerdì di Repubblica” N. 869 – 12-11-2004

“L’arte demoniaca di essere un altro”

 di Federica Lamberti Zanardi

 

I.S: “Quando un attore riesce a far associare per sempre il suo volto a un personaggio vuol dire che ci ha messo molto di sé. In fondo è il personaggio che gli somiglia. Gino Cervi era Maigret, non il contrario. Lo diceva anche Simenon”

Ignazio Senatore, psichiatra dell’Università “Federico II” di Napoli e autore di tre saggi su psicoanalisi e cinema (l’ultimo “Il cineforum del dottor Freud” Centro Scientifico è uscito da poco) spiega così la nascita di figure entrate nella leggenda del cinema e della TV.

FLZ: Ma qual è il meccanismo psicologico che permette questa identificazione totale tra attore e ruolo?

I.S: “Questo accade, appunto, quando non è l’attore che diventa il personaggio bensì il personaggio che vive tramite l’attore. C’è qualcosa di demoniaco in questa capacità di impadronirsi della vita di un altro, di essere più persone. Del resto un tempo gli attori erano considerati esseri strani, inquietanti, e venivano seppelliti fuori le città.”

FLZ: “Ma può accadere, invece, il contrario: che un attore diventi prigioniero del ruolo che lo ha reso famoso.

I.S: “Si, ma è il prezzo che si paga per l’immortalità. Chi potrà mai rifare Psyco come Anthony Perkins? O Shining come Nicholson?”

FLZ: Ma Castelletto ha qualche speranza? E’ possibile cioè che un remake sia migliore o all’altezza dell’originale?

I.S: “Si, può accadere. In fondo Castellitto deve attingere alla letteratura. E poi bisogna pensare che c’è tutta la nuova generazione che non ha mai visto la serie con Gino Cervi. Quindi Castelletto può inventare un personaggio tutto suo.”

FLZ: Ma quali sono gli elementi che permettono di entrare nel mito?

I.S: “Quando l’attore tocca l’inconscio dello spettatore. E questo succede quando non si percepisce più il confine tra l’interprete ed il ruolo. Questo permette anche a chi guarda di identificarsi.”

FLZ: Vuole dire che lo spettatore trasferisce sul divo alcune parti di sé?

I.S: “Esatto. La grandezza del cinema è che ti permette di realizzare una identificazione multipla: mi identifico con il buono ma anche con il cattivo. E così vivo un processo catartico. Perché uno va a vedere un film del terrore? Perché per qualche minuto è un serial killer e scarica tutta la sua aggressività. Ammazza un sacco di gente ed esce felice dal cinema.”

 

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