La dama rossa
uccide sette volte
di Emilio Miraglia con Barbara Bouchet,
Ugo Pagliai, Marina Malfatti,
Rudolf Schundler -- It
Una leggenda narra che ogni
cento anni la “dama rossa” compare nel castello dei Wildenbruck, si reincarna in
una sua discendente ed uccide sette volte. Nell’anno nel quale si dovrebbe
compiersi la terribile profezia, il vecchio conte Tobias Wildenbruck (Rudolf
Schundler)
muore in circostanze misteriose e dispone nel testamento che Kitty (Barbara
Bouchet) e sua cugina Franziska (Marina Malfatti) beneficiari delle sue
ricchezze possano usufruire dei suoi beni allo scadere dell’anno successivo. La
“dama rossa”, intanto,
miete le sue vittime e cadono sotto i suoi colpi un losco ricattatore
ed un paio di indossatrici che lavoravano per
Giallo che promette bene ma che, nel corso della narrazione, si trasforma in una matassa troppo difficile da districare. Le vittime muoiono, a turno, come birilli e l’idea che la dama rossa si sia incarnata nella sanguinaria assassina è poco originale. Il film inizialmente sembra ricalcare gli stilemi del gotico e si apre con l’anziano Tobias che prendendo spunto da un dipinto che campeggia in salotto e che mostra una dama nera pugnalare alle spalle una dama rossa e racconta alle nipotine l’antica maledizione che aleggia in quel castello; cento anni prima la dama rossa spregiudicata e disinibita era stata uccisa da sua sorella la dama nera, una creatura docile, buona e gentile ingelositasi della sorella l’aveva uccisa con sette pugnalate e da allora il fantasma della dama rossa ricompariva ogni cento anni, si reincarnava in una donna e mieteva sette vittime. Abbandonate le fascinazioni legate alle antiche maledizioni il film si disperde in mille rivoli e s’impiglia stancamente su se stesso. Sullo sfondo la disperata la figura di Elisabeth, una donna con la mente in frantumi, in preda a delle allucinazioni visive, a cui la “dama rossa”, prima di assassinarla, prometterà di farla fuggire dal manicomio.