“La vita che vorrei” di Giuseppe Piccioni (2004)
Dopo “Fuori dal mondo” e “Luce dei miei occhi”, Giuseppe Piccioni ricalca, nel suo ultimo film, le vicende de “La donna del tenente francese”. Come nel film di Karel Reisz intreccia due storie. Stefano (Luigi Lo Cascio) e Laura (Sandra Ceccarelli) sono due attori impegnati in un film in costume, ambientato nell’Ottocento ed intitolato “La vita che vorrei”. E come accade nella “finzione scenica, i due protagonisti diventano “amanti” anche nella vita reale. Ed in questo continuo scivolamento di piani, lo spettatore si trova a saltare continuamente da una storia all’altra. Lo Cascio conserva per tutto il film uno sguardo dolente e sofferto e come Thomas de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” non permette alle sue conquiste di dormire la notte, a casa sua, con lui. Ceccarelli, dal canto suo, è un’anima dispersa e tormentata ma nel complesso positiva e solare.
Truffaut, con il suo capolavoro “Effetto notte” ci aveva già svelato i “trucchi” della “fabbrica dei sogni”. Piccioni ci mostra una troupe cinematografica al lavoro ma, pur facendo “cinema nel cinema”, prova a “scavare” un po’ intorno al mestiere dell’attore ma finisce per narrare soltanto una “grande” storia d’amore. Nei camerini degli attori campeggiano le locandine di “Tormento” e “Catene” (capolavori di Raffaello Matarazzo e del cinema melò italiano degli Anni Cinquanta) ed il finale del film in costume termina, (non a caso) con una chiara citazione a Margherita Gauthier. Peccato che sullo schermo non compaia, però, la mitica Greta Garbo.
L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 6-10-2004