Jona che visse nella balena di Roberto Faenza - 1992
Amsterdam 1942. Dopo aver subito le persecuzioni antisemite, Max Oberski (Jean-Hughes Anglade), sua moglie Hanna (Juliet Aubrey) e Jona (Luke Petterson) il loro figlio di quattro anni. sono deportati dai nazisti nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Max si consuma giorno dopo giorno e muore. Jona (Jenner Del Vecchio) e la madre verranno liberati dai soldati russi ma Hanna, divorata dalla follia e dal dolore, si spegnerà in poco tempo in un letto d’ospedale. Rimasto solo Jona (Jenner Del Vecchio) viene adottato dal signor Daniel (Djoko Rosic) e da sua moglie (Francesca De Sapio), una coppia di olandesi amici della sua famiglia. Nel rispettare fedelmente il romanzo Anni d’infanzia di Jona Oberski, Faenza si avvale in sede di sceneggiatura della collaborazione di Filippo Ottoni e descrive in maniera quasi irreale il campo di concentramento di Bergen-Belsen. Il regista mostra un grande rispetto per i personaggi della vicenda e, senza mai scivolare nel patetico e nelle strizzate di cuore, con delle soggettive, s’affida, allo sguardo disincantato di Jona che, dopo aver subito in silenzio, la fame ed il freddo, s’aggira sperduto tra le squallide baracche del campo di concentramento, senza mai piangere o protestare. Faenza non affonda volutamente nell’orrore, detende di tanto in tanto la tensione con delle scene che strappano un beffardo sorriso e regala pagine di pura poesia (Jona che si tuffa nel pentolone per mangiare i residui del cibo dei soldati tedeschi e si “perde” nel lager, accecato dal sole, dopo aver saputo che il padre sta morendo). Anglade si conferma attore a tutto tondo, Aubrey è una piacevolissima sorpresa ed i due giovani attori che interpretano Jona sono autenticamente pulsanti e spontanei.
Per l'intervista completa a Roberto Faenza,
l'antologia della critica e della critica online del film si rimanda al volume
di Ignazio Senatore: "Roberto Faenza Uno scomodo regista" - 2012 -Falsopiano
Editore