L’invasione degli ultracorpi” di Don Siegel- USA – (1956)

 

Il film si apre con l’inquadratura di un paziente sconvolto, ricoverato al Pronto Soccorso di un ospedale. Allo psichiatra che lo sta visitando, l’uomo dichiara di essere il dottor Miles Bennell (Kevin McCarthy) e che la cittadina dove abita (Santa Mira) è invasa dagli alieni. Un flash-back ci mostra Bennell, appena rientrato da Boston che ritorna a Santa Mira. Al suo arrivo riceve un'amica Becky Driscoll (Dana Wynter) preoccupata per la salute mentale di sua cugina Wilma; quest'ultima è convinta che lo zio Ira non sia più la stessa persona. Poco dopo, il dottore visita un bambino che è certo che la donna che gli sta accanto non è la madre. Miles inizia ad insospettirsi e a non credere che queste reazioni siano solo il frutto di una “psicosi collettiva”, come le definisce Mannie Kaufman, il suo amico psichiatra. Nel corso del film, si scopre che gli alieni (esseri privi di qualsiasi emozione) hanno invaso la città e che "copiano" il corpo umano durante il sonno; dopo averlo riprodotto fedelmente all'interno di baccelli giganti, prendono il posto “dell’originale”, in seno alla società. Miles e Becky comprendono che gli amici, le autorità e tutti gli abitanti della città sono stati sostituiti da questi alieni e che è impossibile chiedere loro aiuto. Dopo varie peripezie riescono a fuggire dalla città ma la donna, infine, cede al sonno e diventa anch’essa un’aliena. Il flash-foward ci riporta alla scena d’apertura in ospedale. Lo psichiatra dopo aver ascoltato il racconto di Miles crede che si tratti di un “incubo”, ma un paramedico, mentre trasporta un ferito, gli racconta c’è stato un incidente stradale e che un camion, proveniente da Santa Mira, era carico di giganteschi “baccelli”

Capostipite dei film-paranoia, “L’invasione degli ultracorpi” resta impresso nella memoria dello spettatore per quel suo inquietante riferimento al “non chiudere gli occhi”, al “non abbandonarsi al “sonno”, pena l’annullamento della propria personalità. Tralasciando gli aspetti legati al plot narrativo, quello che colpisce in questa pellicola è la "messa in scena" dell'alieno, basata su dei codici iconografici seriali: la fissità dello sguardo, l'assenza d’emozioni, l'eloquio rallentato, l'amimicità del viso. Al di là della presenza enigmatica ed inquietante sullo schermo di una "copia" di un essere umano, (nella quale la vittima dell'invasione aliena è obbligato a specchiarsi) quello che sorprende ancora di più in questo film, è l'assoluta aderenza a quella particolare sindrome descritta, per la prima volta nel 1923, dallo psichiatra francese Jean Marie Joseph Capgrass, che la definì "l'illusion des sosies". Anche se non compaiono, astronavi e marziani dalle strane fogge, il film (girato in assoluta economia, senza effetti speciali e con i giganteschi baccelli realizzati in gommapiuma) è un cult-movie di fantascienza (grazie anche allo spericolato taglio di luci ed alle particolari angolazioni delle inquadrature). Siegel voleva chiudere il film con un primo piano del protagonista che, scansando le auto in corsa, gridava allo spettatore "Tu sarai il prossimo!" ma l’Allied Artists, dopo una serie di pre-view che avevano lasciato sbigottiti gli spettatori, impose un finale meno pessimista, girate dallo stesso regista. Siegel propose, inoltre, il titolo "Sleep no more" (un verso tratto dal celebre monologo di Amleto di Shakeaspeare, traducibile in "E senza più dormire" oppure "E non dormirai più", riferimento al fatto che nel film, se si cede al sonno, si rischia di diventare dei "mostri") ma il film fu intitolato "The body snatchers" ovvero "I ladri di corpi", come il romanzo ("The body snatchers" scritto da Jack Finneynel 1956) da cui era stato tratto. Molti vollero leggere il film come una metafora della “caccia alle streghe” del periodo maccartista ed anti-comunista americano, ma lo stesso regista smentì questa versione. Lo psichiatra appare di sfuggita (solo nelle prime ed ultime inquadrature) e la sua funzione testuale è quella di favorire la narrazione del protagonista. Ciononostante, è interessante notare, come il dottore non mostri una minima capacità d’ascolto e che “liquidi” su due piedi la storia di Miles come un “semplice” incubo. Oltre a vantare due inqualificabili remake ("Terrore dello spazio profondo" di Paul Kaufmann e "Invasione degli ultracorpi" di Abel Ferrara) il film ispirò numerose altre pellicole: "Il conquistatore del mondo", "Assedio alla terra", "Destinazione terra", "Ho sposato un mostro venuto dallo spazio" e l’incredibile "Totò nella luna".

 

Recensione pubblicata sulla Rivista "Eidos- Cinema, Psiche ed arti visive" Numero 1

 

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