Valerio Caprara

"Conoscevo il tuo primo libro (L'analista in celluloide N.d.R) ed avevo paura che questo volume volesse presentare una delle solite declinazioni di servizio a cui viene piegato il cinema; cinema e psicoanalisi, cinema e pastasciutta, cinema e adolescenti, cinema e terzo sesso, cinema e la conquista di Samarcanda...qualsiasi cosa dagli estranei al testo, non ai film, a quell'avventura nel testo che è di ciascuno di  noi, che è individuale, che è particolare, che è sorprendente... Ecco dai numerosi estranei che si affollano sul cinema, così come gli avvoltoi sulla carcassa nei documentari di Piero Angela, ebbene la riproposta è sempre quella; collegare il cinema a un fenomeno, più o meno importante, più o meno alla moda, più o meno eccentrico rispetto al cinema stesso. E allora ci si trova di fronte a delle esperienze allucinanti, per cui tutto ciò che in quel film si è sentito, quello per cui ti sei battuto, viene ridotto in poltiglia, viene ridotto ad un manuale, l'ennesimo manuale che ti viene fornito per vivere una vita che sia corretta, che sia ordinata, che  sia sempre possibile spiegare e che sia utile e positiva. Vedo, leggendo il tuo libro, e questa è una riflessione veramente positiva che mi ha dato il libro, vedo che è un gioco che ti fa entrare ed uscire dalla tua figura professionale. E' un discorso che rende particolarmente difficile da braccarti, difficile da agguantarti; in certi casi sei il cinefilo, in altri il terapeuta, in alcuni casi non sei nessuna delle due figure, in alcuni casi sei addirittura uno dei protagonisti del film raccontato, ed in alcuni altri sei addirittura come uno "zelig" che s'incarna nelle figure di tutti i film interpretati. Qualche volta sei anche il paziente ed altre volte sei anche il lettore.... Perché tu sei fatto così...sembra che ti ponga molto modestamente, a parte delle cose, e poi alla fine, ti ritrovi che interpreti anche la tua parte di lettore e gli suggerisci anche la risposta ed è la parte più appassionante ed affascinante di questo libro. I film diventano un'esperienza di un racconto che, continuamente, si sposta e si spiazza. In queste pagine entrano dei film molto diversi tra loro e tu costruisci una tela che, qualche volta sembra molto precisa, istoriata, con dei titoli e dei riferimenti precisi, delle scelte e quando uno crede di aver capito i film che ti piacciono...Hai messo Moretti e Silvio Orlando in copertina..., allora sarà di quella "banda", di quella "fazione"...ed invece poi dopo, con quest'astuzia (che è la filigrana della tela) con questi rimandi ossessivi e compulsivi che ti fanno precipitare in un oceano di note mostruoso, che ti fanno ricostruire trame, che ti fanno ritrovare critici, che ti fanno suggerire interpretazioni e subito dopo un'interpretazione diversa, con questo gioco, compi quello che è la tua opera più bella. La ragione per cui questo non è sicuramente un libro che non finisce, come tanti libri, buttato sul mucchio o messo sullo scaffale, senza più speranza di essere ripescato, perché è una tela di Penelope, è un lavoro che unisce una serie di dati, che ti chiama ad una sorta di giochi mnemonici, che ti da una serie di pezze d'appoggio di cultura cinematografica, ma poi, immediatamente li precipiti in un mare talmente vasto ed in una serie di associazioni mentali, di ricordi, di flashback e qualche volta di flash-foward... che particolarmente difficile sarà straccarsene, particolarmente difficile sarà incasellarlo nella recensione nuda e cruda. E 'un'esperienza, un po' vicino al cinema dei surrealisti, al cinema dell'avanguardia...Il massimo di cultura cinematografica, sparpagliato e reinterpretrato, a modo tuo, come facevano i grandi sperimentalisti del cinema, in modo che tutto quello che è particolarmente noto, conosciuto, letterariamente acquisito, viene disperso e lo si potrà ritrovare solo con un mezzo, continuando ad andare al cinema...Anche perché la tua giusta competenza non sconfina mai nell'arroganza, nella prosa ultimativa di molti critici e di molti saggisti, ci fa capire che dobbiamo continuare nella ricerca del nostro particolare film...Noi capiamo benissimo che, seguendo il cibo e le diete, i traumi, le vendette, passando da "Don Juan de Marco" a "Strana la vita", per fortuna, in maniera "politicamente scorretto", tu ci vuoi fare "impazzire" con il cinema... E si sa, quando s'impazzisce, s'impazzisce d'amore... Tutto fa, il cinema, tranne che "curarci", anzi ci fa "ammalare" ancora di più...Un'ultima annotazione...Vorrei sottolineare come sei stato bravo a raccontare le trame cinematografiche...Raccontare le trame, per chi fa critica è disastroso, perché bisogna raccontarle bene, condensarle, fare entrare lo spettatore nello spirito del film, senza possibilmente usare il "metodo" Grazzini...Il tuo modo di raccontare le trame, mi sembra l'opposto della vaghezza di chi usa il cinema per utilizzarlo nella scuola, nel dibattito al Rotary o in parrocchia...Che bello sarebbe unire alcuni incipit delle trame...Mi ha ricordato un po' i racconti dell'omosessuale de "Il bacio della donna ragno", chiuso in galera..."

Napoli, 9 Aprile 2002

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