Intervista a Franco Iavarone

 

Ha interpretato la pubblicità della Barilla in uno spot diretto dal grande Fellini e Mangiafuoco nel Pinocchio di Benigni. Nella sua vita ha incontrato il commediografo Arthur Miller, marito di Marylin Monroe, lo scrittore premio Nobel Gabriel Garcia Marquez e recitato per Blasetti, Lizzani, e Fassbinder. Nel suo corpo da gigante Franco Iavarone nasconde un cuore tenero come un bambino ed una schiettezza, una sincerità ed una modestia disarmante.

Hai recitato per Felini, Vuoi raccontarmi qualche aneddoto?

 

"Fellini amava sorprenderti, spiazzarti, coglierti alla sprovvista. Con lui ho recitato sia in Prova d’orchestra che ne La voce della Luna. All’inizio non sapevo come chiamarlo e, timidamente, gli chiesi se preferiva che lo chiamassi Maestro o Federico. Lui mi scrutò per un attimo e, con un tono distaccato mi disse: “Mi chiami maestà, imperatore”. Un giorno gli regalai una litografia che rappresentava un nudo di donna ed una mela. Dopo aver abbozzato un sorriso di compiacimento, con un fil di voce sussurrò: “Avrei preferito il kiwi”.

 

E del tuo rapporto con Benigni, Citti e Petri?

 

"Sul set Benigni è assolutamente identico a come appare in televisione. E’ un pupazzo, un giocherellone, è una persona astratta che appartiene al mondo delle favole e dei sogni. Citti aveva un anima popolare e quando seppe che avevo recitato con Bevilacqua mi disse che avevo fatto un errore perchè dovevo coltivare solo il dialetto napoletano ed immergermi nelle sceneggiate alla Mario Merola. Petri, invece, era una persona molto politicizzata ed il film che interpretai con lui era troppo in anticipo con i tempi. "

 

Il cinema è pieno di contratti firmati e poi stracciati, di film pronti e bloccati all’ultimo minuto. Tu hai vissuto mai qualche esperienza del genere?

 

"Ricordo che dovevo interpretare Fra Dolcino ne “Il nome della rosa” ma poi in sede di sceneggiatura la mia parte, inspiegabilmente, fu tagliata. "

 

Della tua lunga carriera di attore quale episodio divertente ti è capitato?

 

"Molti anni fa fu chiamato per interpretare Michele Strogoff mi chiesero se conoscevo l’inglese, se sapevo cavalcare e tirare di scherma. Io dissi no e non fui più contattato Quando fu la volta de “Gli uomini dell’isola pesce”, un film dove compariva anche il leggendario Joseph Cotten, mi furono poste le stesse domande ed io, mentendo, risposi affermativamente. Il bello era che io non sapevo neanche nuotare ed una delle scene clou si svolgeva proprio nell’acqua. Dopo mille difficoltà però riuscì a superare le mia ataviche paure e grazie ad un trucco, al posto di un cavallo, mi sistemarono su una Cinquecento dove fingevo di tirare le redini di un cavallo.  Ma il bello del cinema è proprio questo ed anche se ti affidano un ruolo che dura anche solo un minuto, in quel breve lasso di tempo, quando ti inquadrano con un primo piano, diventi il protagonista."

 

Hai mai pensato di passare alla regia?

 

"E’ un idea che non mi ha mai stuzzicato perché non mi sento padre. Come attore resti figlio, come regista ti toccano più responsabilità."

 

In teatro hai recitato Shakespeare, Brecht, hai lavorato con Steheler, con Vanessa Redgrave e con Roberto De Simone

 

"Ho anche lavorato con Nino Taranto, Ugo D’Alessio, Pietro De Vico, Dolores Palumbo, attori che me li porto tutti dentro. Amo la lirica e la musica classica e rinuncerei a mille film pur di interpretare Salieri a teatro. La verità è che sono stonato come una campana eppure ho interpretato il “Socrate immaginario” al San Carlo che replicheremo il prossimo ottobre alla Scala. Sarò poi al Quirino di Roma con “Là ci darem la mano”. Il tutto è merito del maestro Roberto De Simone, con il quale lavoro sin dai tempi de “La gatta cenerentola”. Il segreto? E’ che lui mi utilizza non come cantante ma come voce  recitante.”

 

Da anni la passione per la pittura ti divora. E’ vero che tutti il ricavato della vendita dei tuoi quadri li dai in beneficenza?

 

"Sono un autodidatta ma ho all’attivo cinque mostre. I soldi che raccolgo con la vendita dei miei quadri vanno tutti ad un istituto di Ischia per i bambini abbandonati perciò quando li vendo sono doppiamente felice.

 

Articolo pubblicato su "Il Napoli - Epolis"- 27 -04-2007

 

 

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