Il guardiano delle nuvole di Angelo Cannavacciuolo

 

Il grande pensatore francese Raymond Quenau amava postulare l’esistenza di due ordini di racconti. Al primo appartengono le odissee, quei racconti dai “tempi pieni” che raccontano storie orizzontali che rimandano ad un viaggio, ad un cammino, ad una ricerca intrapreso dal protagonista; al secondo, invece, le iliadi, quelle storie che narrano di un luogo chiuso, immerso in un “tempo perduto”, in cui si cerca di penetrare. Odissea non solo come fuga ma come ricerca di identità; Iliade, non solo come ricerca di potere ma come quella di un oggetto perduto. Angelo Cannavacciuolo, nel suo primo romanzo “Il guardiano della nuvole” (Baldini Castoldi Dalai Editore- Pag. 240- 12, 90 Euro) è riuscito a mescolare queste due archetipiche strutture narrative. Più che i racconti di eroi trionfanti e muscolosi, Cannavacciuolo predilige scavare nel mondo interno di quei soggetti che non hanno appuntamenti con la storia e la cui esistenza rischia di essere seppellita dalla polvere e dall’oblio. Verga li avrebbe definiti “vinti”, Vermeer, il grande pittore fiammingo, li raffigurava, su tele, in uno spettacolare contrasto di luci ed ombre. “Il guardiano delle nuvole”, volume, finalista al Premio Viareggio del 1999 ed al Premio “Giuseppe Berto”, premiato in Francia con il Premio Italo Calvino, è ambientato nel 1962 e narra le vicende di una famiglia campana di caprai.

“Questo romanzo, ci dice l’autore, è dedicato alla memoria  di cui nessuno si fa carico, non quelle che segnano il tempo ma quelle che sono spesso dimenticate da tutti. I protagonisti sono persone di cui nessuno si ricorda. Io credo che l’essere umano non è altro che un corpo in transito ma ognuno di noi, anche con la propria storia, grande o piccola che sia, lascia una traccia nella memoria. Ed è proprio questa memoria che va ricordata e difesa. La storia che narro è vagamente autobiografica e racconta di persone a me vicine come i miei nonni. Il romanzo racconta di una famiglia di Acerra che, sull’onda dell’emigrazione in Argentina, lotta per sopravvivere, contro l’indifferenza del mondo, l’insediamento della Centrale del Latte, la camorra e l’industrializzazione. Voce narrante è Batino, il protagonista della vicenda che, in flashback, ricorda il tempo passato.”  

Trattandosi di un romanzo ambientato nel mondo rurale è automatico l’accostamento con il romanzo “Padre padrone” di Gavino Ledda, portato sullo schermo qualche anno fa dai fratelli Paolo e Vittorio Taviani.

“Anche quel romanzo parlava del mondo rurale ma Gavino Ledda racconta più l’asprezza, io l’epicità di eroi che non vogliono morire nell’oblio, di persone che vogliono graffiare il cielo con le loro urla, di gente che non vuole essere dimenticata.”

Prima di diventare scrittore, Cannavacciuolo era noto al grande pubblico per la sua fulminante carriera d’attore. Interprete di “commedie all’italiana” come “Sapore di mare” di Vanzina, “Sapore di mare 2- Un anno dopo” di Bruno Cortini e “Vai alla grande” di Samperi, aveva offerto convincenti prove attoriali nei capolavori di Salvatore Piscicelli (“Blues metropolitano” e “Le occasioni di Rosa”). Meno fortunata la sua incursione dietro la macchina da presa nel 1993, quando diresse Ida Di Benedetto e Marina Suma in “Malesh- Lascia che sia”. “Guardiani delle nuvole” è diventato oggi un film, diretto da Luciano Odirisio, regista talentuoso, autore di pellicole come “Sciopèn”, “Magic moments”, “La monaca di Monza – Eccessi, misfatti, delitti” e “Ne parliamo lunedì”. Premiato al Festival del Cairo, “Guardiani delle nuvole” verrà presentato in anteprima al cinema Filangieri di Napoli, mercoledì 23 febbraio alle ore 20.00. La pellicola conta un cast “stellare”: Anna Galiena, Alessandro Gasmann, Franco Nero, Claudia Gerini, Franco Iavarone e Carlo Buccirosso. Eppure non ha trovato un distributore. Angelo conosce bene le strana alchimie ed i giochi di potere che girano intorno alla macchina cinema e, quasi rassegnato, dichiara: “Questo film che ho sceneggiato con lo stesso Odorisio, rischia di diventare l’emblema dello stato di enorme sfacelo in cui versa, attualmente, tutto il cinema italiano.

 

L’Articolo – Redazione napoletana de L’Unità – 22 -2-2005

 

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