Un giorno questo dolore ti sarà utile

Il diciassettenne James è costretto, suo malgrado, a barcamenarsi tra una madre, reduce dal terzo divorzio ed incapace di metter ordine nella sua vita sentimentale, un padre, noto avvocato di Wall Street che, per mascherare gli insulti del tempo ricorre alla chirurgia estetica ed una sorella che ha imbastito un’incolore relazione con un uomo sposato e molto più vecchio di lei. Sul finale James finirà per non cedere alle pressioni dei genitori e, libero da condizionamenti, sarà libero di programmare il proprio futuro. E’ sempre stato un gran pasticcio. Mi riferisco alla vecchia ed irrisolta questione relativa alla trasposizione cinematografica dei romanzi, prassi, sin dagli albori ab/usata da registi, grandi o piccoli che siano. Come dimenticare Apocalipse now, ispirato dallo splendido “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad o Blade runner all’impareggiabile “Cacciatore di androidi”di Philip K. Dick, due capolavori del cinema che verranno ricordati non solo per la loro straordinaria potenza visiva ma soprattutto per l’assoluta libertà con la quale i singoli registi hanno “stravolto” l’impianto narrativo originario. Del resto quando il giovane Bernardo Bertolucci espose a Moravia il suo proposito di portare sullo schermo “Il conformista“, il famoso scrittore romano non lo spiazzò, forse, dicendogli: “Lo devi tradire”. Di tutt’alto avviso sembra essere Roberto Faenza che nel trasporre sullo schermo “Un giorno questo dolore ti sarà utile”, è rimasto sostanzialmente fedele all’omonimo romanzo di Peter Cameron,  rispettandone clima ed atmosfere e mutandone solo un pizzico (in positivo) il finale. La vicenda narra il classico percorso di formazione di James (Tony Regbo),un adolescente in crisi che, sul finale, ritrova se stesso grazie alla nonna, la calda ed accogliente Nanette (una convincente Ellen Burstyn) ed a Rowena (Lucy Liu), una life-coach anti-convenzionale che dipana i suoi tormenti facendo jogging con lui al Central Park. Faenza (che ha tratto il titolo della pellicola da “Amores, uno scritto minore di Ovidio, un’opera dal taglio quasi erotico che narra dell’amor perduto del poeta romano per una donna “indegna” che lo dileggiava e lo umiliava e del suo successivo riscatto, avvenuto dopo una fase di dolorosa crescita interiore) narra senza voler forzare la mano i tormenti del giovane protagonista, una sorta di “giovane Holden”, considerato da tutti un disadattato solo perché rifiuta la logica assurda che regge il mondo in cui vive e che, invece di iscriversi all’università, vorrebbe ritirarsi in campagna e fare l’artigiano. Anche se la vicenda si svolge nell’upper class di Manhattan, il regista torinese prova ad impaginare la storia di un ragazzo simile a tanti adolescenti contemporanei che non vuole omologarsi ai canoni imperanti e sogna per sé un futuro diverso. Con questo film Faenza ritorna in un certo senso all’origine perché, a ben vedere, sono tantissimi i punti di contatto tra il giovane protagonista di Un giorno questo dolore ti sarà utile e di Escalation, il suo fulminante film d’esordio. James, come Luca, seppur meno ribelle, arrabbiato e politicizzato del suo predecessore, non accetta l’universo nel quale vive, vuole scappare in campagna (invece che in India) e finirà, anche lui per imbattersi in una psicologa che (nel bene o nel male) gli cambierà la vita. Un film meno caustico ed irridente di quello targato 1968, a tratti un po’ troppo “scolastico” e “controllato” che ha però il pregio di fotografare alla perfezione sia il disfacimento di una famiglia alto-borghese dei giorni nostri che lo spaesamento di un adolescente inquieto che, sin dalle prime battute del film, cerca invano tra le mura domestiche qualcuno che possa limare le sue incertezze e contenere il suo disagio. Come il buon vino, Faenza migliora con il passare degli anni, si conferma uno dei pochissimi registi italiani dal respiro internazionale ma pecca nell’aver scelto un romanzo che non pulsa abbastanza e non squarcia fino in fondo il cuore dello spettatore  Splendida la fotografia di Maurizio Calvesi e godibile la colonna sonora di Andrea Guerra, impreziosita dall’accattivante brano “Love is required”, cantata da Elisa.



Per l'intervista completa a Roberto Faenza, l'antologia della critica e della critica online del film si rimanda al volume di Ignazio Senatore: "Roberto Faenza Uno scomodo regista" - 2012 -Falsopiano Editore

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