Intervista ad Umberto
Galimberti
“La tecnica non è più uno
strumento nelle mani dell’uomo ma è diventato il vero soggetto della Storia e
l’uomo, un funzionario di questo apparato. La tecnica va avanti indipendente o
meno dalla volontà dell’uomo. La tecnica è la forma colta della razionalità, è
l’essenza dell’uomo. Le macchine realizzano solo un oggettivazione del sapere
che oltrepassa la competenza di ciascuno di noi.”
Chi parla è Umberto
Galimberti. Il noto psicoanalista junghiano, filosofo, giornalista e scrittore
sarà presente oggi alle 15.30 presso la sede della “Scuola sperimentale per la
formazione alla psicoterapia ed alla ricerca nel campo delle scienze umane
applicate”, nell’ex Ospedale Frullone e terrà una lezione sul tema “Psiche e
Techne”.
Il titolo dato al suo
intervento richiama inevitabilmente un suo volume omonimo, pubblicato per la
Feltrinelli la prima volta nel 1999 e rieditato più volte, nell’arco di questi
anni anche in edizione economica.
Galimberti ama discettare
sulla complessità del pensiero umano e le sue dotte riflessioni lambiscono campi
del sapere, apparentemente, diversi e difformi tra loro. Come è sua abitudine va
diritto al cuore delle cose e senza mezzi termini ci fornisce un’analisi lucida,
spietata e senza vie d’uscite su quale sarà il destino dell’uomo.
“Ai giorni d’oggi può
capitare che un biologo molecolare prosegua per venti anni i suoi studi senza
nemmeno ipotizzare quale siano le finalità.
L’imperativo che regna ai nostri tempi è fare, anche se non si conosce il
progetto, lo scopo.”
Crollato il comunismo e
tutte le altre ideologie “forti” che avevano caratterizzato il Novecento,
offuscato il mito della psicoanalisi, il cognitivismo sta sbancando in tutto il
mondo, fino a diventare (purtroppo) il modello imperante.
Galimberti sembra anche
lui adombrato per la diffusione di questo nuovo “flagello”, per l’espansione
dissennata di questa “tecnica” divenuta la “peste” del nuovo Millennio.
“L’umanesimo è finito e
ci muoviamo in un orizzonte tecnico senza nessuno scopo. Se la psicoanalisi era,
nel suo complesso, una tecnica antropologica che si basava sui vissuti, sul
passato, sui ricordi dell’uomo, per il modello cognitivo l’uomo deve essere un
applicatore di un dispositivo tecnico. Il successo del cognitivo è il successo
dell’adattamento e suggerisce un modello meccanico della mente.”
Ma la psicoanalisi è
davvero da mandare in soffitta? Galimberti non è di questo avviso ed infatti
rilancia.
“Il mio prossimo volume
approfondirà per l’appunto le molteplici connessioni esistenti tra la filosofia
e la psicoanalisi. A mio avviso gli strumenti filosofici sono più potenti di
quelli psicoanalitici. Un esempio? Ai giorni d’oggi la metafora sessuale non è
più significativa come ai tempi di Freud.”
Sarà un piacere
ascoltarlo nella sua dotta relazione. Va dato merito al dottor Carlo Pastore,
direttore della Scuola, di aver scelto un pensatore di così alto livello per
inaugurare il Corso di Specializzazione.
Lo stesso Pastore
illustra così le finalità scientifiche del progetto.
“Il Corso di
Specializzazione in psicoterapia è il primo istituito in Italia da un Azienda
Sanitaria Pubblica La caratteristica principale di questa scuola è che, accanto
all’insegnamento di materie classiche sono inserite discipline quali Storia
della filosofia, Narratologia, Teorie della Comunicazione, Epistemologia e
Metodologia della ricerca scientifica.”
Ma alcuni psicoterapeuti
di fronte a questo progetto già storcono il naso. Generalmente le Scuole di
Specializzazione si rifanno a dei modelli della mente (psicoanalisi, terapia
familiare, gestalt, analisi transazionale) riconosciuti dalla comunità
scientifica internazionale. Questa Scuola nasce, invece, dalle ceneri di una
Scuola (antropologica-trasformazionale) fondata dalla fulgida mente di Sergio
Piro ma rimasta confinata negli angusti confini regionali.
Ma le ombre non finiscono
qui. Il “garante scientifico” di questa Scuola è il Prof Mario Maj, ordinario di
Clinica Psichiatrica del Secondo Ateneo e di gran lunga lo psichiatra più
prestigioso che abbiamo in Italia. Ma c’è un problema. Mario Maj deve la sua
fama internazionale ai suoi studi orientati in senso biologico e farmacologico
ed il suo principale modello di riferimento non è certamente la psicoterapia.
Operazione più politica che scientifica? Ai posteri l’ardua sentenza.
L'Articolo-
Redazione napoletana del "L'Unità" - 09-10-2004