Furia (Fury)
di Fritz Lang con Spencer Tracy,
Sylvia Sidney, Morgan Wallace, Edward Ellis, George Walcott, Frank Albertson -
USA – 1936 - Durata
Una bambina è rapita ed uccisa e Joe Wilson (Spencer Tracy) un onesto lavoratore che sta per sposare Katherine (Sylvia Sidney) è ingiustamente, incolpato del delitto. La folla inferocita, capitanata da Fred Garret (Morgan Wallace) vuole linciarlo. La guardia nazionale tarda ad arrivare ed a nulla servono i tentativi dello sceriffo di placare gli esagitati che appiccano il fuoco alla prigione. Tutti lo credono morto ma Joe è riuscito a fuggire, calandosi lungo una grondaia ed a rifugiarsi dai fratelli Tom (George Walcott) e Charlie (Frank Albertson). Assetato di vendetta li convince a confermare che è perito nell’incendio e ad intentare un processo contro coloro che hanno dato le fiamme alla prigione. Grazie a delle false testimonianze gli abitanti del paese cercano di scagionare gli autori della rivolta ma il video di un cineoperatore li inchioda uno ad uno. Il tribunale condanna ventidue persone ma Joe, grazie alle pressioni di Katherine, comprende che non si può vivere di odio e di rancore, si presenta in aula e scagiona i suoi assalitori.
Primo film americano di Lang che abbandona i virtuosismi estetici ed il fascino delle sue pellicole espressionistiche e dirige un opera dal grande impegno civile. “Se la godevano a vedere un uomo bruciato vivo. Voglio distruggerli come hanno fatto con me. Così capiranno cosa si prova a linciare una persona.” è questo l’amaro commento che il protagonista regala ai suoi fratelli dopo essere stato linciato dalla folla, Joe cova dentro la sua furiosa vendetta. Fedele ad una tematica a lui cara, Lang, con forza ed energia, punta gli strali contro quelle persone che se si aggregano tra loro, fino a diventare una massa, come impazziti, dimenticano i valori del vivere civile e, mossi da un irrefrenabile istinto primitivo, si macchiano dei delitti più efferati. Indimenticabili le scene quando Joe gongola, ascoltando, via radio, le varie fasi del processo. Il finale doveva essere più cupo e disperato ma Lang dovette piegarsi all’happy end imposto dalla produzione.