CastelDelirio

 

Stasera chiuderà i battenti la Rassegna “Fresko film”, ideata da Paola Acampa e da Ciccio Capozzi. Ospite d’onore dell’ultima serata, il regista Paolo Zagari che presenterà, per l’occasione, alle ore 20.30, il suo documentario “CastelDelirio”. L’ennesimo documentario di denuncia? Non proprio.

“Avevo già girato per Rai Educational dei servizi sulla condizione dei clandestini che abitavano nella zona di CastelVolturno. Non avevo dei messaggi particolari da lanciare ma sono ritornato lì perché mi sento irresistibilmente stregato da questi luoghi.”

Chi parla è Zagari, regista televisivo, con un’esperienza di critico cinematografico alle spalle ed un  volume “Io, Woody e Allen”, dato alle stampe qualche anno fa.

Quello che lo attira principalmente è quella “splendida” mescolanza tra la bellezza del territorio ed il degrado e la deriva di quei luoghi. Chilometri di boschi e di costa marittima “impreziosite” da piscine abbandonate e da villaggi fantasmi, divenuti ormai deserti.

“Per un occidentale sarebbero invivibili ma per un extracomunitario questi luoghi sono delle oasi ed in più con il costo degli affitti abbattuti. Non a caso ma il documentario reca come sottotitolo una delle espressioni che ho sentito dire più frequentemente dagli extracomunitari della zona: “I like to stay here”: mi piace stare qui. Questi luoghi sono stati dimenticati dallo Stato. Le istituzioni languono e non c’è né legge, né controlli e questo “paradossalmente” permette agli extra comunitari di essere più liberi.”

A commentare le immagini anche due padri cambogiani che, dopo aver messo alle spalle le loro esperienze in Africa e nell’America del Sud, da otto anni si prodigano per far fronte alle emergenze continue degli abitanti della zona. Il loro lavoro è a tutto campo e il loro campo d’azione spazia dai problemi abitativi al soccorso alle prostitute nigeriane della zona.

Il finale del documentario è spiazzante e vede l’ingresso di una carovana di “patafisici” che si muovono, ondeggiando, come fossero in un sogno.

E questa precisa scelta stilistica del regista non è stata inserita a caso. L’intervento “surreale” degli artisti patafisici partenopei e di Mario Persico, loro “Magnifico Rettore” è un giusto contraltare onirico alle sequenze dure e taglienti che Zagari ha preso a prestito dalla realtà. Documentario d’autore, a cui manca quel disincanto presente in “Tokio ga” di Wim Wenders ma che ci propone, invece, un’amara e lucida testimonianza del degrado architettonico ed ambientale di quell’area del litorale casertano.

“Ho visto “L’imbalsamatore” di Matteo Garrone ma ho scoperto solo dopo aver girato il suo documentario che i luoghi prescelti erano gli stessi. Ma il mio tocco è diverso. Le immagini sono esplicite. Ho fatto delle carrellate molto lente.” Quando si dice che il cinema è soprattutto una questione di sguardi.

 

 

 

L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 09-9-2004

 

 

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