Intervista a Massimo Cacciari

 

Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperta” diceva il grande scrittore Italo Calvino. Non solo questo atto può evocare questa magia ma anche e soprattutto quello dell’ascolto, soprattutto se l’interlocutore che hai di fronte si chiama  Massimo Cacciari. Non è cosa di tutti i giorni (purtroppo) sentirlo discettare sulla filosofia. “Chi sa una cosa la dice in tre parole” soleva dire Wittgenstein e Massimo Cacciari sembra prenderlo alla lettera. Con la sua voce è calda e pacata, sciorina un sapere che sa di millenni. E’ la storia del pensiero umano ed i nomi di Platone, di Hegel, di Nietsche, di Heidegger rimbalzano con assoluta leggerezza all’interno del suo discorso. L’occasione dell’incontro è stata la sua presentazione ieri per la presentazione a Napoli, nel Megastore “Feltrinelli Libri & Musica” del volume “Il potere psichiatrico- Lezioni di Michel Foucault (1973-1974) edito da Feltrinelli. Il volume è una raccolta di lezioni tenute dal filosofo e pensatore francese al Collège de France appunto tra la fine del 73 ed il 74. Ma cosa resta del pensiero di Foucault oggi?

“Certamente il suo discorso sul potere che sconfina rispetto a quello delle istituzioni psichiatriche. Per Foucault il potere produce identità e non cerca solo l’assoggettamento ma soprattutto il proprio riconoscimento ma questo comporta una qualche complicità, nel senso letterale del termine. In questo movimento il potere è costretto a riconoscere intrinsecamente la forza ed il valore di colui che vuole assoggettare e nello stesso momento è costretto a temere questa forza. C’è quindi una mutua complicità. Colui che assoggetto, colui che sembra essere solo l’oggetto di mie pratiche violente, lo debbo riconoscere per la sua forza, per la sua ragione. E’ qui che Foucault sconfina rispetto alla dialettica hegeliana perché qui la strada si interrompe e non c’è soluzione. Dopodiché Foucault sbaglia, secondo me, grossolanamente, nel ritenere che la filosofia nella sua tradizione non abbia nulla a che fare con la verità. Ha perfettamente ragione Deridda quando afferma che il principio cartesiano del “cogito ergo sum”, vale anche per il folle. Pensate il formidabile problema platonico della verità della follia. Non soltanto il folle che come illusione ed errore necessariamente abita il mondo. Il discorso forte è un altro ed è che la filosofia deve necessariamente dimostrare in sé la verità della follia.  Penso che l’indicazione più importante di Foucault negli ultimi anni sia appunta quella dell’indagine della microfisica del potere. Come affermavano Canetti ed altri autori del 900, Foucault metteva in evidenza in “Sorvegliare e punire” che l’ordine del potere si applica sempre al corpo e deve produrre dispositivi, disciplina e vita. L’istanza ultima del potere è questa. Foucault è un feroce critico di ogni umanesimo e delle cosiddette scienze umane. Chi è questo uomo? Questo uomo è in realtà il prodotto di due grandi correnti; da un lato è un individuo giuridico astratto (lo dice proprio ne “Le parole e le cose”) definito da una serie di diritti individuali storicamente determinati e dall’altro da tecnologie disciplinari (economiche e politiche) che lo sottomettono anche corporalmente.”

Cacciari non è solo critico e severo nei confronti di alcune riflessioni di Foucault ma sa tesserne anche le lodi. “Le cose più belle di Foucault sono quando racconta le storie, perché lui è un fantastico scrittore. In una di queste c’è una battaglia tra un medico ed un folle. Non è il folle che dice sono Napoleone, né quello che dice non lavoro perché tutto è falso ed anche il denaro lo è. Questo folle è malato perché si ritiene meglio e superiore del medico. Allora il medico lo deve convincere che non è superiore e deve riportarlo in un ordine in cui non ci sia l’affermazione della sua superiorità. Il medico non deve sottometterlo ma deve riportare all’ordine il folle; noi siamo tutti uguali di fronte alla legge. L’antipsichiatria diceva nessuno è sottomesso. Ma come si fa a dire nessuno è sottomesso alla Legge?” Il discorso non può che scivolare sui recenti accadimenti politici e sul nascente “impero” americano. Cacciari, in maniera secca, precisa: “La metafora dell’impero non credo sarebbe piaciuta molto a Foucault perché indica un grande progetto, un grande disegno. Credo che ci troviamo in una fase tutt’altra che imperiale e si capisce perché una certa corrente di pensiero sia affezionata all’idea dell’impero. Gli imperi hanno sempre prodotto grandi soggettività  ed ideologie alternative come il cristianesimo.”

 

 

L’Articolo – Redazione napoletana de L’Unità -10-10-2004

 

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