Emozioni pericolose (Luminous motion)

di Bette Gordon con Deborah Kara Unger, Eric Lloyd, Terry Kinney, (James Berland, June Stein, James Sheridan - USA – 1998 – Durata 84’

 

Philip (Eric Lloyd) un bambino vispo ed intelligente di dieci anni scorazza per gli States a bordo dell’auto guidata dalla sua giovane madre (Deborah Kara Unger), una sbandata che, in fuga dal marito, vive adescando uomini attempati a cui sfila, alla prima occasione, il portafoglio. Un giorno lei incontra Pedro (Terry Kinney) un simpatico proprietario di un negozio di ferramenta e decide di mettere le radici e di andare a vivere con lui. Philip non sembra molto contento della sua scelta, prova a remarle contro e poi, freddo e deciso, avvelena il suo pericoloso rivale. La madre accusa il colpo e preso in affitto un appartamento in una piccola cittadina, inizia a sbronzarsi ed a trascorrere le giornate perennemente stravaccata in un letto. Il padre (James Sheridan) di Philip ricompare improvvisamente dal nulla e, riallacciati i rapporti con la moglie, con aria dispotica detta nuovamente legge in famiglia. Philip stringe amicizia con Rodney (James Berland) ed Ethel (June Stein) due ragazzi emarginati e sciroccati che gli danno una mano a sbarazzarsi del padre. Di fronte all’ennesimo delitto la madre sprofonda in una depressione che la paralizza ancora di più. Il film si chiude con il piccolo Philip e sua madre, distesi felici e contenti su materassino che si godono il sole nella piscina della lussuosa casa del padre, ritornato (magicamente) vivo e vegeto. 

Pellicola deludente che ripropone, senza molta fantasia, l’ennesimo bambino disturbato e con la mente in disordine che, per tutta la durata del film, confonde immaginazione e realtà e nel corso del film continua ad allucinare Pedro che compare, di tanto in tanto sulla scena e lo consiglia sulle misture velenose da propinare ai suoi ipotetici nemici.. Faccino candido e pulito, Philip nasconde un cuore di pietra e, grazie alle sue doti di alchimista, elimina chiunque osa tenerlo lontano dalla sua adorata mammina, una donna perennemente alticcia che non disdegna di mostrarsi davanti a suoi occhi mentre amoreggia con le sue conquiste. Gordon non dona però a Philph la cattiveria e l’ironia del protagonista de “Il manuale del giovane avvelenatore” e chiude con un finale che riapre confusamente i giochi. Nel complesso il film non dispiace ma avrebbe meritato una maggior attenzione in sede di sceneggiatura. Da un racconto di Scott Bradfield.

 

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