Il dubbio di
John Patrick Shanley
Con il suo impeccabile acume, Roland
Barthes, nel suo saggio “Miti d’oggi”, analizzando lo strip-tease, sottolineava
come poggiasse su una contraddizione: “desessualizzare la donna nel momento
in cui la si spoglia.” Queste riflessioni del famoso semeiologo francese mi
sono saltate alla mente dopo la visione dello strombazzato film di
John Patrick Shanley, che ha adattato cinematograficamente l’omonimo
dramma teatrale, scritto di suo pugno e vincitore del
Premio Pulitzer nel
2005.
Il regista s’affida ad un titolo
estremamente evocativo e piuttosto che impaginare un thriller elettrico od un
giallo ad orologeria, sin dalle prime battute, lascia presagire una battaglia
senza esclusione di colpi tra l’indomita, acida ed algida Sorella Beauvier ed il
tenebroso, panciuto ed impenetrabile Padre Brendan che gioca con i ragazzi,
sfumacchia qualche sigaretta, usa le penne biro (tanto invise alla direttrice) e
senza celare un pizzico di edonismo, prende il the con tre zollette di zucchero.
La vicenda, girata totalmente tra le
quattro mura della scuola, appare inizialmente intricante e, come avviene nello
strip-tease, lascia presagire un graduale denudamento (dell’anima) dei
personaggi. “I film respirano attraverso i loro difetti” dichiarava un
tempo Francois Truffaut ma Shanley, dopo averci fatto immaginare un affilato e
sottile scontro dialettico, senza esclusione di colpi, tra i due contendenti,
ci propone solo qualche scialba e timida scaramuccia tra Beauvier, novella
Shelrock Holmes in gonnella ed il tormentato, inquieto ed imploso Brendan,
accusato di aver molestato un ragazzino problematico e con un’incerta identità
sessuale. “Per prendere un topo ci vuole un gatto” afferma una
suora nel corso del film ma, per tutta la durata del film, le trappole non
scattano, le prove non saltano fuori e c’è il rischio che lo spettatore si
schieri emotivamente dalla parte del (presunto?) prete pedofilo. La scrittura è
visivamente molto controllata e l’unica scena che ti rimane dentro è quella che
mostra un’anziana donna che sale sul tetto di una casa e, dopo aver squarciato
un cuscino, lascia volteggiare le piume nell’aria. La pellicola ha ottenuto la
candidatura agli
Oscar 2009 per la miglior sceneggiatura non originale e per l'intero
cast.
Meryl Streep caratterizza però il personaggio di suor Beauvier con
troppe mossettine,
Philip Seymour Hoffman ed
Amy
Adams se la cavano con un po’ di mestiere ma la vera rivelazione è
Viola Davis, una spanna sopra tutti, nel ruolo della madre dello
sfortunato Miller. Nonostante l’ottimo cast, l’argomento torbido,
l’ambientazione melanconica ed autunnale ed i fantasmi che s’aggirano sullo
sfondo legati all’uccisione di J.F. Kennedy, la vicenda non strappa gli applausi
e, con lo scorrere dei fotogrammi, l’idea che Shanley abbia gettato alle ortiche
una grande occasione più che un dubbio diviene una certezza. Del resto che dire
di un film che verrà ricordato solo per le abbaglianti e poetiche metafore
proposte, nei suoi sermoni, da un prete?
Recensione pubblicata sulla Rivista Segno Cinema - Numero 156 - Marzo-
Aprile - 2009