La dolce ala della giovinezza  (Sweet Bird of Youth )

di Richard Brooks con Paul Newman, Geraldine Page, Shirley Knight, Ed Begley, Rip Torn, Madeleine Sherwood- USA – 1962 – Durata 120’ – V.M 14

 

L’ex barman Chance Wayne (Paul Newman) è l’autista di Alessandra Del Lago (Geraldine Page), ex diva ormai in declino. Lui vuole a tutti i costi sfondare ad Hollywood ma ama ancora Heavenly (Shirley Knight), la figlia del vecchio Tom Finley (Ed Begley), un politico locale corrotto e senza scrupoli. Quando ritorna a St Claud, la città natale, Chance cerca di rivederla ma il vecchio Finley ha dato ordine ad i suoi scagnozzi di tenerlo alla larga dalla figlia. Chance scopre che Heavenly era stata costretta dal padre ad abortire in una clinica privata. La tensione sale alle stelle ed esplode nell’incandescente finale.

Dramma a forti tinte in perfetto stile Tennessee Williams, autore del testo da cui è stato tratto il film, ambientato in una piccola cittadina della Florida. Con dei flashback Brooks riannoda i fili del passato e lascia sfilare sullo schermo creature disperse e disperate; Chance, un giovane dalle belle speranze, convinto di poter conquistare l’adorata Heavenly solo se raggiunge fama e successo, non ha trovato di meglio che fare il gigolo per l’attempata Alessandra Del Lago, diva sul viale del tramonto ed incapace di tollerare l’avanzare degli anni, perennemente attaccata alla bottiglia; la tenera Heavenly è costretta a piegarsi alla volontà del bieco e crudele genitore che vuole darla in sposa ad un uomo complice dei suoi loschi affari; Lucy (Madeleine Sherwood) è l’amante infelice e frustrata di Finley, un uomo rozzo e meschino che l’umilia costantemente.

A completare questo desolante scenario Tom Jr. (Rip Torn) figlio di Finley, un ragazzo violento, a capo di un gruppo di fanatici aderenti al Ku Klux Klan e  che pesta a sangue chiunque osa ribellarsi al potere della sua famiglia. Brooks se la cava con un po’ di mestiere ed, anche se non imprime alla vicenda guizzi improvvisi ed inaspettate accelerazioni, riesce ad avvolgere l’intera pellicola in una cappa di melanconica tragicità e nel finale sprigiona sangue, sudore e scintille. Da segnalare il lieto fine imposto dalla produzione. Premio Oscar (1962) come migliore attore protagonista ad Ed Begley e David di Donatello (1963) a Geraldine Page come migliore attrice straniera.

 

 

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