Doctor M (Docteur M)

di Claude Chabrol con Alan Bates, Jennifer Beals, Jan Niclas - Francia – 1990 - Durata 92’ - V.M 14

 

Una serie di inspiegabili suicidi a catena sta sconvolgendo Berlino; c’è chi crede che sia opera dei Servizi Segreti, chi la reazione ad un misterioso virus. Contemporaneamente, dagli schermi di un emittente privata, Sonja Volger (Jennifer Beals) con la sua voce suadente ed il suo sguardo magnetico invita gli abitanti della città “a lasciarsi andare” e a ritemprarsi in vacanza in uno dei rinomati Centri Theratos, di proprietà del dottor Marsfeldt (Alan Bates) un magnate, gravemente malato di cuore e padrone della stazione televisiva. Il poliziotto Klaus Hartmann (Jan Niclas) la cui moglie si è inspiegabilmente suicidata, inizia ad indagare e scopre il dottor  Marsfeldt, grazie al messaggio lanciato dalla sua adorata annunciatrice, ipnotizzava gli abitanti, spingendoli ad un suicidio di massa. Con un piccolo escamotage Hartmann permette a Sonja di andare in onda e di incoraggiare i telespettatori ad amare la vita. Al dottor Marsfeldt toccherà un amaro destino.

Chabrol ripropone l’ennesima rilettura del dottor Mabuse, creatura letteraria ideata da Nobert Jacques che ispirò alcune pellicole dirette dal geniale  Fritz Lang. Il regista tinge di giallo la vicenda, la dissemina dei misteriosi suicidi che si susseguono a catena e sul finale regala le farneticanti argomentazioni di Marsfeldt che confessa a Sonja perché ha inondato la città con quell’ipnotizzante messaggio: “Non ho imbrogliato nessuno,non ho mai mandato nessuno in un posto dove non volesse già andare!  No, io sono solo un agente di viaggi! Io vendevo biglietti per un viaggio che gli uomini devono fare! Loro desideravano la morte, loro volevano attaccare il cartello “Non disturbare”, come lo vogliamo tutti, in fondo. E’ questa la realtà! Ogni mattina quando ci svegliamo noi diciamo a noi stessi: “Ora mi alzo. Devo alzarmi” e invece il nostro più grande  desiderio è non alzarci. Io volevo farli contenti, mandandoli tutti in vacanza. Tu eri il mio strumento, niente altro.” Al di là della vicenda inquietante, sin dalle prime battute si intuisce che il regista francese non è a proprio agio con un testo che avrebbe meritato un’ambientazione più cupa e futuristica e, nel corso del film, lo spettatore è costretto a tenera al guinzaglio sbadigli e colpi di sonno. Sullo sfondo il potere inquietante dei media e della televisione.

 

 

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