Divina creatura

di Giuseppe Patroni Griffi con Laura Antonelli, Marcello Mastroianni, Terence Stamp, Michele Placido – Italia –1975 – Durata 111’ – V.M 14

 

Il conte Dany di Bagnasco (Terence Stamp) un gaudente aristocratico ama circondarsi di belle donne e s’innamora perdutamente di Manuela Roderighi (Laura Antonelli) seducente fidanzata di Martino Ghiondelli (Michele Placido) un giovane spiantato. La donna ricambia le sue attenzione ed i due diventano amanti. Ben presto arriva all’orecchio del conte una sconcertante verità; Manuela si prostituisce in una casa d’appuntamenti. La prima reazione dell’uomo è quella di abbandonarla ma poi, travolto dalla passione, la perdona e continua a starle al suo fianco. Altre voci si rincorrono nella capitale; Manuela è l’amante di Michele Barra (Marcello Mastroianni) un facoltoso uomo di mezz’età, parente del conte. Dapprima lei nega, poi confessa che l’uomo l’ha violentata quando aveva quindici anni e che da allora esercita su di lei un irresistibile fascino. Affranto e deluso dall’ennesimo tradimento della sua amata, il conte si suicida.

Melodramma decadente, melenso e privo di spessore, ambientato a Roma negli Anni Venti. Nonostante gli sforzi del regista il perduto amore del conte per l’irrequieta Manuela non trasuda da nessuna inquadratura e resta solo sulla carta.  Patroni Griffi lascia le scene più bollenti fuori campo e fa intuire che la madre di Manuela era una povera malata di mente e che i continui tradimenti di Manuela siano il frutto di un suo insano bisogno d’amore più che di un suo orientamento dissoluto e peccaminoso. La scelta suicidaria del conte non sorprende lo spettatore e più che un gesto disperato, frutto di un momento d’abbandono sembra la naturale evoluzione di un uomo che è rimasto sempre ai margini della propria esistenza ed incapace di legare a sé la donna che ama. Il regista spezzetta la narrazione con dei cartelli, in stile cinema muto, che commentano la scena appena mostrata. Le più originali compaiono dopo che il conte Dany si è imbellettato e dopo essersi vestito per andare ad un gala.. La prima frase è di Puskin “Si può essere uomo serio e pensare alla bellezza delle unghie”; la seconda di Stendhal: “Impiegava molto a vestirsi per poter dimenticare quello che indossava”. Da segnalare la scena di Manuela che si mostra in posa come la statua di Paolina Bonaparte del Canova. Dal romanzo La divina fanciulla di Luciano Zuccoli.

 

Torna alla Homepage