Il diavolo probabilmente (Le diable probablement)

di Robert Bresson con Antoine Monnier, Tina Irissari, Henri de Maublanc,Regis Hanrion– Francia - 1977 – Durata 100’ – V.M 14

 

Charles (Antoine Monnier) figlio di un ricco imprenditore è un adolescente chiuso, introverso e tormentato dal mal di vivere. Con il suo amico giornalista Michel (Henri de Maublanc) e la sua ragazza Alberte (Tina Irissari) s’interroga sui guasti del mondo, sul declino della politica, della religione, sull’insensatezza dell’esistenza, sull’indifferenza ed il materialismo che attanaglia l’umanità e sull’inarrestabile inquinamento della Terra. 

Fragile e sensibile, incapace di essere né attore, né spettatore del mondo, prova a frequentare un gruppo di studenti di sinistra, un prete e qualche barbone ma, sempre più spento e deluso, per poter simulare il proprio suicidio, paga Valentin, un amico tossicomane perché lo uccida nel cimitero di Père Lachaise.

Con uno stile didascalico e poco ritmato, Bresson ambienta a Parigi una delle sue pellicole più disperate e pessimiste e lascia che l’inquinamento della Terra, le radiazioni atomiche, lo sterminio degli uccelli e degli orsi polari facciano da cornice al disfacimento emotivo del tenero ma infelice protagonista. Incrostazioni intellettualistiche a parte, il film parte da un lunghissimo flashback che si dipana dalla notizia della morte di Charles e narra gli ultimi giorni del protagonista, adolescente tormentato e nichilista che, su pressione dei suoi amici, si rivolge ad uno psichiatra, il dottor Mime (Regis Hanrion).

Nel corso del colloquio di fronte alle sue domande, giudicanti e severe, Charles risponde, quasi sempre, in maniera distratta e svogliata. Dopo un po’  da un’occhiata ad un giornale ed inizia a leggere ad alta voce: “Perdendo la vita ecco cosa perderei; il piano famiglia, le vacanze organizzate, la biblioteca dell’uomo colto, come adottare un bambino, le associazioni dei genitori, gli obblighi militari, l’Europa, le onorificenze, le tasse comunali, cessione del quinto, Iva e ritenuta d’acconto…” Successivamente, butta via il giornale e racconta un sogno: “Spesso nel sogno mi vedo assassinato, morto, ma continuo a ricevere colpi. Mi calpestano, è terribile, è tutto per una causa sacra. Non sono un martire ma solo un dilettante. Quando volevo affogare nella vasca o premere il grilletto o ho capito che non era facile. Non sono esaurito ; voglio soltanto avere il diritto di essere quello che sono, non voglio che non mi si obblighi a non volere. Non voglio essere né uno schiavo, né uno specialista. Io non ho voglia di morire; detesto la vita ma detesto anche la morte; la trovo orribile. Io non sono malato.  Dottore, credo che non potrei mai fare quel gesto; l’idea che in quell’attimo cesserei di pensare, di vedere, di sentire.”

Lo psichiatra, freddo e distante, lo ascolta attentamente, non si scompone ed in maniera gelida, replica: “Ed è proprio che per questo motivo che gli antichi romani chiedevano aiuto ad uno schiavo o ad un amico.” Grazie a questa sua risposta Charles trova la soluzione che cercava, assolda un sicario. Con il suo stile asciutto e controllato, il regista concede poco allo spettatore e, sin dalle prime battute s’intuisce che il giovane protagonista non riuscirà a ritrovare la voglia di vivere.  Il titolo del film fa riferimento ad uno scambio tra Charles, i suoi amici ed uno sconosciuto che in autobus dice: “Ci sono delle forze oscure di cui è impossibile conoscere le leggi. La verità è che qualcosa ci spinge  contro quello che siamo. Ma chi è allora che si diverte a farci perdere che ci manovra sotto, sotto; il diavolo probabilmente.”

 

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