Intervista Giuliana De Sio

 

“Ho fatto analisi personale per venti anni ed ho percorso tutto l’arco costituzionale: dai freudiani, agli junghiani ed ai lacaniani.” Così si schernisce, sin dalle prime battute Giuliana De Sio e con un’estrema disinvoltura inizia a pescare nei suoi ricordi d’infanzia. Sono salernitana doc. I miei genitori si separarono quando avevo tredici anni. Mio padre era avvocato e mia madre si risposò con un medico che ho sempre considerato il mio vero papà.”

Dopo qualche altro piccolo scambio s’intuisce, però, che parlare del suo passato familiare non è il suo campo di gioco preferito ed il discorso, irrimediabilmente, scivola agli anni del suo debutto come attrice.

“A diciott’anni decisi di mollare tutto e di andare a vivere a Roma. Un amico portò le mie foto in TV ad un agente. Feci una seria di provini e fui scelta nel 1976 per interpretare “Una donna”, una fiction di otto puntate su Sibilla Aleramo.”

Decisa, sicura di sé, Giuliana sembra molto attenta a dosare le parole e, senza peli sulla lingua, confessa la sua diffidenza nel rilasciare interviste:

“Dopo molti anni che si fa questo lavoro è naturale provare una certa stanchezza nel rispondere alle domande dei giornalisti di carta stampata. Meglio parlare in Tv perché lì sei senza mediazione e chi mi ascolta può cogliere anche il tono di voce che voglio usare. In quel caso sono “autrice” e non debbo dipendere da una mediazione che spesso, si rivela eccessiva e troppo forte.”

Vincitrice di un David di Donatello come migliore attrice protagonista (Io, Chiara e lo scuro) ha recitato con Maestri del cinema italiano (Elio Petri, Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Massimo Troisi) con dei cineasti “di genere” (Francesco Nuti, Tonino Cervi, Pasquale Festa Campanile e Maurizio Ponzi) e registi talentuosi ( Luciano Odorisio, Elvio Porta). Donna con una vitalità fuori dal comune, nonostante il successo ottenuto, sembra insoddisfatta della sua carriera d’attrice.

“Ho fatto film di serie A che non rispondevano al mio gusto. Negli Anni 80 e 90, anche se c’erano dei registi di grande nome, non si faceva buon cinema o almeno quel tipo di cinema vicino alla mia sensibilità. Garrone e Sorrentino fanno del cinema duro, lucido, cattivo non ci sono sempre quelle storie dove i personaggi sono tutti buoni o quei film dal taglio consolatorio. Per lo show-business sono un genere esotico e tendo a fare delle cose, una diversa dall’altra. Sono stata un’eroina, un’intellettuale, una popolana, una donna nevrotica, una mignotta ed una santa. I personaggi li scelgo se sono distanti dal precedente. Il pubblico mi vede come un’attrice fuori dal coro, non convenzionale che non dirà mai una bugia perché la forza della verità è al di sopra di tutto...”

Ma su tutti, il film che si porta più nel cuore è “Cattiva”, interpretato nel 1990, per la regia di Carlo Lizzani. Come è noto, la vicenda si svolgeva all’inizio del Novecento ed era ambientata in una lussuosa clinica svizzera. De Sio interpretava la parte di Emilia, una donna, affetta da isteria e presa in cura dal giovane Gustav Jung. Lo psicoanalista, dopo aver abbandonato il metodo ipnotico e quello delle libere associazioni, riuscirà a scoprire che la donna, si era rifugiata nella malattia, per non sentire i sensi di colpa legati alla morte della sua bambina.

“Ricordo che allora sul set si andava a lavorare contenti. Il film era girato tutto in inglese ed in presa diretta ed io ero mi sentivo padrona del personaggio e particolarmente ispirata.”

Artista duttile e poliedrica, negli ultimi tempi è diventata uno dei volti più presenti sul piccolo schermo. Reduce del successo della fiction  “Il bello delle donne”, non disdegna di calcare le scene teatrali. In “Storie d’amore e d’anarchia”, una piece tratta dal noto film di Lina Wertmuller, interpreta il ruolo di Salomè e duetta nel canto con Elio ( quello delle Storie Tese che veste i panni dell’anarchico Tunìn).

“Voglio che alla fine di uno spettacolo il pubblico urli e non applauda solo stancamente. Senza adrenalina non ti alzi. Il mestiere dell’attore è difficile, poco stabile e ti destabilizza psicologicamente. Ti porta adrenalina alle stelle ma poi ti può mandare giù.”

 

Per l'intervista completa si rimanda al volume "Psycho cult" di Ignazio Senatore (Centro Scientifico Editore-2006)

 

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