Intervista ad Antonietta De Lillo

 

Tutti a ricordano come la regista de Il resto di niente, pellicola incentrata sulle vicende di Eleonora Piementel Fonseca, eroina della Rivoluzione napoletana del 1799. Lontana mille miglia dalla proposizione dell’intellettuale sofferto e macerato dentro, Antonietta De Lillo si lascia trasportare dal flusso dei ricordi e mentre si racconta resti sorpreso nella sua capacità di analizzarsi e di guardarsi come fosse distesa sul divano di uno psicoanalista.  

Il resto di niente, il suo film di maggiore successo è stato accolto favorevolmente dal pubblico e dalla critica.

 

"E’ stato per me soprattutto una grande avventura, un lavoro personale che rompeva quell’appiattimento di un certo cinema italiano tendente al televisivo, al casalingo. Resta per me un film molto personale e sono contenta di aver portato a termine un progetto che mi ha visto lavorare al fianco di collaboratori straordinari."

 

Il suo film d’esordio è del 1986 con Una casa in bilico che vinse anche un Nastro d’Argento ed interpretato da una smagliante Marina Vlady.

 

"Il ruolo era a pennello per Marina perché la protagonista era una donna di origine russa. Quando la incontrai lei era una star internazionale ed io una giovane regista di ventiquattro anni. Io sono napoletana e credo nei segni e nelle coincidenze e lo stesso mi è capitato con Maria De Medeiros, portoghese che ha interpretato Eleonora. Una casa in bilico è un film piccolo, ingenuo ma che ho rivisto anni dopo come spettatrice e di cui non mi sono vergognata. Io sono molto critica con i miei lavori e crescere non vuol dire solo invecchiare ma migliorare la propria sensibilità e la propria capacità tecnica e professionale. Il film trovò mille difficoltà e lo videro in pochi."

 

Fu poi la volta di Matilda con un ironico e magnifico Silvio Orlando

 

"Era una black comedy molto divertente tanto che gli americani volevano comprare i diritti per farne un remake. Era girato in una Napoli borghese che sembrava Los Angeles e che squarciava la solita rappresentazione di Napoli dei ceti bassi e popolari."

 

Poi ha sorpreso tutti con un film I racconti di Vittoria

 

"Nacque per caso come tutti i miei lavori. Io cammino, vivo, ascolto quello che le persone mi dicono; sono gli altri che mi suggeriscono i lavori da fare. Era diviso in tre sezioni con i contributi di un’oncologa, di Erri De Luca e di Enzo Moscato. La mia era una riflessione intimistica, personale ma vitale sulla morte. La società vuole allontanare l’idea della morte ma credo che affrontare questo tema ci aiuti a vivere. Credo che Calvino con le sue Lezioni americane ci abbia insegnato a vivere con leggerezza."

 

Potremmo dire che è una sorta di manifesto simbolo della sua concezione della vita?

 

"Tutto i miei film ruotano intorno all’esigenza di trovare una via d’uscita e non c’è mai rassegnazione nei confronti di una vita grigia ma c’è sempre il desiderio di prenderla per mano e provare ad aprire una porta ed andare alla ricerca dell’aria."

 

Venne poi I Vesuviani, film in qualche modo imperfetto e sfortunato, girato a più mani da lei, Martone, Capuano, ed Incerti?

 

"Fu un film molto particolare dove nessuno di noi voleva firmare un capolavoro, né prevalere sugli altri ma fu per noi soprattutto una modalità di stare insieme. Ricordo che c’era molta attesa per l’"uscita del film ma anche un sottile piacere di dire “Forse sbagliano” e questo atteggiamento ferisce. Ci sono persone che ti aspettano al varco e che godono nel vederti che sei in difficoltà."

 

Nel 2001 ha diretto Non è giusto?

 

"Fu girato in digitale e tutto in soggettiva con la macchina da presa che si sostituiva agli occhi dei bambini. Per me è soprattutto un film sullo sguardo, sulla memoria e su come i bambini vedono il mondo degli adulti."

 

Lei vive da anni a Roma. Eppure anche il suo prossimo film sarà girato a Napoli

 

"Per raccontare la mia città devo andare via e poterla guardare da lontano. Napoli è una città forte, attenta, estrema, sempre all’avanguardia che anticipa le cose. Confesso però che viverci è faticoso e te ne accorgi nella quotidianità, nel camminare, nel parcheggiare, nel portare i figli a scuola. Roma accoglie tutti, sei forestiera ma non ti senti mai straniera."

 

Articolo pubblicato su "Il Napoli - Epolis"- 27 -6 -2007

 

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