Il corpo dell’anima
di
Ernesto (Roberto Helitzka) è uno scrittore, vedovo e senza figli è ormai in pensione e trascorre le giornate in perfetta solitudine. Un amico regista (Ennio Fantastichinì) gli propone di scrivere una sceneggiatura su Santa Teresa d'Avila e lui si getta a capofitto in questa nuova avventura. Il destino gli fa incontrare Luana (Raffaella Ponzo) una cameriera procace, sfrontata e disinibita che ingaggia con lui un insolito gioco di seduzione. L'uomo è completamente rapito dal fascino della ragazza e si dispone passivamente a rispettare le regole che lei gli impone. Ernesto riscopre i piaceri di un sesso da tempo dimenticato e s'affaccia nuovamente alla vita. Dopo aver planato con la fantasia, ritorna con i piedi per terra e fa i conti con la propria vecchiaia. Luana fa perdere le proprie tracce ed i due si rincontrano due anni e mezzo dopo; lei è sposata ed ha un bambino ed Ernesto, ormai sempre più con il cuore malandato, le dona la nuda proprietà del proprio appartamento ed una cospicua somma di denaro.
Come nelle pellicole
precedenti Piscicelli attraversa il tema del sesso e dell'amore e li declina a
suo modo, spiazzando lo spettatore, coniugando la mistica di Santa Teresa con
scene a limite dell'hard. Il sesso, genuino e spontaneo, incarnato dalla giovane
cameriera non è mai volgare ma è sempre giocoso ed intriso da innocente
passione. La pellicola si apre con un frase di
Cioran: "Ciò che non si può tradurre in
termini di misticismo mai merita di essere vissuto” ed è ricco
di riferimenti espliciti a Viridiana
e a Simon del deserto di Bunuel, alle
opere del Borromini e del Bernini e con dei continui rimandi a Tanizaki ed a
quella letteratura che ama coniugare eros e thanatos. Musiche raffinate di
Bizet, Gesualdo, Brahms e Chopin.