Confidenze troppo intime di Patrice Leconte - 2004

 

Per Gianni Amelio un film può essere considerato bello, solo se lo spettatore, uscendo dalla sala, viene colto da una sorta di “stordimento”.

Dopo la visione di “Confidenze troppo intime”, l’ultimo film di Patrice Leconte, lo spettatore, più che immerso in uno stato di alterato coscienza, vorrebbe prolungare all’infinito il tempo della visione e restare incollato, con il proprio naso, allo schermo.

Come nei suoi precedenti capolavori (“Il marito della parrucchiera”, “La ragazza sul ponte”, “L’uomo del treno”..) Leconte narra di quegli impercettibili sussurri dell’anima e lo fa, da par suo, confezionando una trama  raffinata, rarefatta ed elegante.

Il matrimonio di Anna (Sandrine Bonnaire) sta andando a rotoli ed alla donna non resta che rivolgersi ad uno psicoanalista per tentare di rincollare i cocci della sua vita. Anna centra il piano (il sesto) ma “sbaglia” porta e si trova a raccontare le proprie “confidente intime” a William Faber, un grigio e solitario fiscalista. L’equivoco viene poi svelato ma i due decidono di proseguire lo stesso il “trattamento”. Avrà effetto la “cura”? E chi vestirà i panni “dell’analista” e chi del paziente?

Il tema del finto strizzacervelli che guarisce meglio di uno specialista è stato già largamente sfruttato al cinema (“Lo strizzacervelli”, “Un divano a New York”, Mumford”) ma Leconte lo declina, a suo modo,  senza sfiorare mai la banalità o la superficialità. Al regista francese non interessa proporre una parodia della psicoanalisi ma raccontare la vicenda di due persone (sole e svuotate) che sono alla disperata ricerca di qualcuno che li ascolti.

Il film, seppur ironico e delicato, narra di passioni (sopite), di sguardi languidi e trattenuti, di gesti silenziosi ed interrotti. Leconte ritorna un po’ alle sue ossessioni di un tempo (due protagonisti piegati dal peso della solitudine, deprivati dall’amore ed attratti dall’irresistibile fascino del voyeurismo) e rifà un po’ il verso al suo massimo capolavoro (“L’insolito caso di Mr. Hire”) affidando nuovamente la parte femminile a Sandrine Bonnaire (straordinaria come sempre) e piazzando un immenso Fabrice Luchini (l’indimenticabile interprete de “La timida”) al posto dell’imbiancato Michel Blanc. Bellissima la colonna sonora di Pascal Esteve.

 

L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 08-12-2004

 

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