"Cinema (italiano) e psichiatria"
(Zephyro Editore 2013)
ANTEPRIMA LE PRIME 5 PAGINE
1. La
rappresentazione degli psichiatri/psicologi/psicoterapeuti sullo schermo
FRASI CULT
“Sono uno psichiatra che dà le medicine. I malati mentali sono di una
noia mortale. Mortale, in senso letterale. Ti devi difendere.” (Bella
addormentata)
“Ci facevano entrare tutti insieme, ci facevano sdraiare nei letti l’uno
accanto all’altro. Quando entrava il dottore nella stanza, io chiudevo gli
occhi. Sentivo quelli prima di me, le urla. Quattro infermieri mi bloccavano
mani, piedi. Una mano mi infilava una gomma in bocca, tra i denti, poi la
prima scossa.” (La meglio gioventù)
“Gli psichiatri sono soltanto dei voyeur, dei guardoni della coscienza. Ti
fanno domande con la scusa del subcosciente e intanto ti sviscerano fino
all’utero. Ci sguazzano dentro e ci godono”. (Emmannuelle nera 2)
“Una volta scappo dal manicomio, però, mi riprendono, mi danno un
sacco di botte e mi legano a letto. Poi viene l’elettricista con la sua
macchinetta. Mentre mi dava le scariche, gridava: “Dimmi chi ti ha aiutato a
scappare, dimmi i nomi”. Io, siccome i nomi non volevo dirceli, ho stretto
forte, forte, le mascelle, così forte che ho spaccato tutti i denti di
sopra.”
(La meglio gioventù)
“Lo psichiatra è uno che va ad uno spogliarello e guarda il pubblico.” (In
carne ed ossa)
Poco frequentato dal cinema d’autore, la figura dello
psichiatra compare in Bella addormentata di Marco Bellocchio (2012).
In questa pellicola diseguale il regista piacentino affronta, con coraggio
e disciplina, la dolorosa vicenda di Eluana Englaro, in coma da diciassette
anni e di suo padre Beppino che si batte strenuamente perché le venga
riconosciuto il diritto all’eutanasia. Nel corso del film s’intrecciano
varie vicende; quelle del senatore
Uliano Beffardi (Toni
Servillo), in crisi personale (la moglie versa in una condizione
sovrapponibile a quella di Eluana) e politica (è critico rispetto alle
decisioni prese in merito sulla vicenda Englaro dal partito); di sua figlia
Maria (Alba Rorwacher), strenua difensore del diritto alla vita; del dottor
Pallido che cerca di impedire che Rossa (Maya Sansa), tossicodipendente, si
suicidi ed, infine quella della Divina Madre (Isabelle Huppert), una donna
che si aggrappa alla fede per tollerare il dolore di una giovane figlia in
coma da anni. Nel film compare uno psichiatra (Roberto Herlitzka), eletto al
Parlamento, che
prescrive una
capsula di Serenes, ogni mattina dopo colazione, ad un senatore della
Repubblica, affetto da attacchi di panico. Saggio ed esperito
degli intrighi del Palazzo, lo psichiatra, dopo aver descritto il tormento
che assale la classe politica italiana, composta, a suo dire, per lo più da
persone infelici, depresse e frustrate, suggerisce a Beffardi di non
dimettersi, perché altrimenti perderebbe la pensione di parlamentare, e di
assumere eventualmente un equilibratore.
Messi da parte quelli che compaiono all’interno della narrazione come
figure assolutamente marginali e di contorno (Dal
nostro inviato a Copenaghen,
Daniele e Maria,
una storia
d’amore,
Enrico IV,
La lupa mannara,
Un sussurro nel buio, Tolgo il disturbo, Storia di Piera),
gli psichiatri nostrani
compaiono per lo più nelle commedie
come dei tecnici della mente scalcinati, arruffoni, pasticcioni e
poco professionali, Ne
Il mostro di Roberto Benigni (1994), Loris (Roberto Benigni), a
seguito di una cascata di equivoci è scambiato dallo psichiatra criminologo
Paride Sacconi (Michel Blanc) per un maniaco che ha violentato numerose
donne. Gli investigatori decidono di usare come esca Jessica Rossetti
(Nicoletta Braschi), un’intraprendente e coraggiosa poliziotta e le affidano
il compito di provocare sessualmente Loris e di far scattare in lui degli
incontrollabili raptus erotici. Jessica rivela a Sacconi che, nonostante i
suoi sforzi, Loris sembra casto e puro come un angelo. Sul finale il vero
“mostro” è smascherato e Loris e Jessica coronano il loro sogno d’amore.Benigni
è un maestro nel mettere alla berlina le ossessioni di Sacconi, esperto
criminologo, fermamente convinto che Loris sia il maniaco omicida. Il film è
ricco di scene surreali e di gag strepitose; su tutte quelle che mostra
Sacconi che finge di essere un sarto e con la scusa di dover confezionare un
vestito al presunto maniaco, dopo averlo visitato da cima a fondo, gli
prende le misure della circonferenza cranica e del bacino, gli tasta la
giugulare e lo sottopone ad una specie di ESK al volo. Loris lo lascia fare
e, solo al termine della visita, confesserà a Jessica:
“Lo sai è troppo preciso ma un po’ stano, strano. Per farmi i guanti mi ha
chiesto cosa avevo sognato la notte, se avevo visto i miei genitori far l’amore…”In Io
& Marilyn di Leonardo Pieraccioni (2009), Gualtiero Marchesi (Leonard Pieraccioni) sbarca
il lunario riparando piscine. Padre della tenera Martina e separato dalla
moglie Ramona, che ha una relazione con Pasquale (Biagio Izzo), un
lanciatore di coltelli che lavora nel circo Posillipo, Gualtiero una sera,
per gioco, insieme ad alcuni amici, grazie all’intervento di una medium,
evoca lo spirito di Marilyn Monroe (Suzie Kennedy) che, un attimo dopo si
materializza. L’unico che riesce a vederla è Gualtiero che, sconvolto, dopo
aver creduto di essere
impazzito, si rivolge ad uno psichiatra (Francesco Guccini) che lo
invita a partecipare a delle sedute di terapia di gruppo. L’inseparabile e
dolce Marilyn diviene l’angelo custode di Gualtiero e lo spingerà (senza
successo) a riconquistare l’amata Ramona. Impalpabile commedia romantica che
strappa qua e là qualche sorriso e che mostra le disavventure del tenero ed
impacciato protagonista, la cui vita viene stravolta dall’ingresso in campo
dal fantasma dell’amata Marilyn. Il film, modesto da un punto di vista
estetico, merita una citazione per il fugace ingresso in campo dello
psichiatra (che diagnostica al protagonista di essere affetto di una
fantomatica “sindrome di Pignac”, “una sindrome maniaca-depressiva
allucinatoria, curabile con il litio”) e per una seduta di gruppo dove
Gualtiero incontra, tra gli altri, Arnolfo (Rocco Papaleo), uno sciroccato
che aveva evocato, per errore, Hitler che lo aveva perseguitato per giorni.Per quanto attiene al genere giallo va segnalato
in Quante volte… quella notte?
di Mario Bava (1969), che sembra prendere le mosse senza successo da
Rashomon di Kurosawa e da
La
commare secca di Bernardo
Bertolucci. Tina (Daniela
Giordano) racconta alla madre che Gianni (Brett Halsey) ha tentato di
violentarla. Lui, dal canto suo, racconta agli amici che Daniela è una
ragazza fin troppo spregiudicata e disinibita. Il portiere dello stabile
narra invece al lattaio un’ulteriore versione: Gianni ha un’amicizia
particolare con Giorgio e la sconsolata Daniela è stata costretta a trovare
conforto tra le braccia di Esmeralda. Fa il suo ingresso in scena un
presunto psichiatra, con le tavole del Rorschach alle spalle, che in tono
serio e professionale, dopo aver ribadito che non può esistere una sola
versione dei fatti, ne propone un’altra ancora più personale.In Suspiria (1976) uno dei capolavori diretti da Dario
Argento, Patty (Eva Axén) e Sara (Stefania Casini), due allieve di un
collegio femminile di Friburgo, sono vittime di un insospettabile omicida.
Susy Banner (Jessica Harper), la giovane protagonista, indaga sulle loro
misteriose scomparse e, trasformatasi in detective, s’imbatte nel dottor Frank Mandel (Udo Kier), un giovane psichiatra che l’aveva in cura
e poi nell’anziano professor Milius (Rudolf Schundler) uno psichiatra
esperto in stregoneria. Un finale mozzafiato chiude la vicenda.Primo
capitolo che Argento dedica alle tre madri (Mater Suspiriorum, Mater
Lachrimarum e Mater Tenebrarum) a cui fanno seguito
Inferno (1979)
e La
Terza Madre
(2007). In questo film il maestro del brivido non risparmia scene
truculenti; il sangue che scorre a fiotti, migliaia di vermi brulicanti
piovono dal soffitto ed un cane azzanna al collo un cieco (Flavio Bucci),
divorandolo con gusto. Il film è un tripudio di immagini dal sapore forte e
la presenza dei due psichiatri sulla scena serve solo a dare un pizzico di
presunta scientificità alla vicenda.Un capitolo a parte meritano quegli psichiatri
che compaiono nei gialli e che hanno il compito di svelare, con delle
spiegazioni a dir poco opinabili, le possibili motivazioni che avrebbero
spinto l’assassino a compiere i delitti.
Ne
La tarantola dal ventre nero di Paolo Cavara (1971)
un assassino uccide giovani donne, squartandone l’addome e infilzandole
alla nuca con un acuminato spillone. Dopo aver vagato nel buio, il
commissario Tellini (Giancarlo Giannini) riesce a incastrare Masseur (Ezio
Marano), un impotente che si fingeva cieco. In questo giallo di buona
fattura, innaffiato con un pizzico di erotismo e con scene truculenti dal
sapore gore, è lo psichiatra (Giuseppe Fortis) che rivelerà. “Si
tratta di una personalità psicopatica che ha sviluppato una paranoia. Era
impotente e la moglie lo derideva e lo tradiva. Così la personalità abnorme
del soggetto vira in senso nettamente patologico. In un momento di fredda e
lucida ira uccide la moglie, delitto avvenuto cinque anni fa e mai scoperto.
Quindi decide di fingersi cieco, così si muove più liberamente in mezzo alle
donne. Poi c’è l’incontro con Maria Zani, una ninfomane che si diverte a
provocarlo e a umiliarlo, esasperando la sua paranoia. Il nostro soggetto ha
l’impressione di ritrovarsi di fronte alla moglie e allora torna di nuovo a
uccidere prima una, poi l’altra, un’altra ancora”.Identifica
funzione esplicativa è svolta dal professor Rainoldi ne
L’uccello delle piume di cristallo
di Dario Argento (1970). “Dieci anni fa Monica Ranieri, un soggetto nato certamente con
tendenze e paranoiche, fu aggredita e certamente in quell’occasione subì un
trauma. Ma la sua fu una follia fredda che rimase latente per dieci anni
fino al giorno i cui rivide la scena che aveva vissuto dipinta in un quadro
di un pittore naif. La sua pazzia si risvegliò ed esplose violenta,
irresistibile. Stranamente lei s’identificò non con se stessa vittima ma con
l’aggressore, forse per liberarsi inconsciamente del terrore di lui. Per
spiegare invece il comportamento del marito, che per stornare i sospetti da
sua moglie, potenzialmente, era divenuto un assassino, dobbiamo ritenere che
egli soffrisse di una psicosi indotta, cioè subì l’influenza nefasta della
moglie paranoica a tal punto da divenire egli stesso uno psicotico omicida.
“In Body puzzle di Lamberto Bava (1990) un serial-killer impazza per la
città e, dopo aver accoltellato e mutilato le giovani vittime, asporta loro
degli organi vitali. Man mano che il puzzle si ricompone la polizia scopre
che l’assassino, dopo aver trafugato il corpo di Abe, un amico morto per un
incidente ed aveva cercato di ricomporlo, pezzo per pezzo con gli organi che
aveva espiantato alle giovani vittime. Allo psichiatria è affidato il
compito di rendere comprensibili intrecci narrativi contorti e confusi e di
svelare cosa abbia spinto
l’assassino a macchiarsi di quei delitti:
“Timoteo Belli,
non sapeva neanche chi fosse però
riusciva a ricordare l’incidente in cui era morto il suo amico. Era ancora
un problema per lui. Non accettava il fatto che il suo amico non ci fosse
più e fingeva di essere Abe Grant. Facendo così aveva, ovviamente, dovuto
sacrificare la propria identità, però per lui questa perdita era molto più
accettabile di quella dell’amico..”Tra le pellicole, a basso costo,
prodotte in Italia, tra gli Anni
Sessanta ed Ottanta, definite genericamente B-movie va segnalato anche
L’occhio nel labirinto di Mario
Caiano (1971). Lo psichiatra Luca Berti (Horst Frank) scompare nel nulla e
Julie (Rosemary Dexter), sua paziente ed amante, va alla sua ricerca. Dei
pallidi indizi la spingono a Maracudi, un piccolo paesino diroccato, dove
s’imbatte in Frank (Adolfo Celi), un uomo senza scrupoli ed in Gerda (Alida
Valli), sua soci d’affari, che ha accolto nella sua villa sul mare un paio
di sbandati. Dopo alcuni colpi di scena, grazie all’aiuto di Frank, Julie
scopre di aver ucciso Luca e di aver rimosso il delitto dalla propria mente.
Il film è impaginato come un poliziesco e si apre con l’incubo di Julie che
sogna Luca pugnalato a morte per mano di un misterioso assassino. Pur
essendo un personaggio di sfondo, Luca è descritto come un essere spregevole
che violenta Toni, una ragazza ancora vergine, umilia, mettendolo a nudo
pubblicamente, Eugene, ricoverato in passato in manicomio e traffica in
droga con Gerda.....
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