Che ora è

di Ettore Scola. con Marcello Mastroianni, Massimo Troisi, Anne Parillaud Italia – 1989 - Durata 102’

 

L'affermato avvocato Marcello Rinaldi (Marcello Mastroianni), sessantenne separato da anni dalla moglie, accanito fumatore e con un infarto alle spalle, parte da Roma per raggiungere il figlio Michele (Massimo Troisi), laureato in lettere, che sta terminando il servizio di leva a Civitavecchia. Marcello sogna per lui un futuro radioso e gli comunica di avergli comprato una fiammeggiante auto sportiva ed un attico in un quartiere residenziale di Roma. Massimo è imbarazzato, lo ringrazia affettuosamente ma, dopo avergli ricordato che non ha nemmeno la patente, gli lascia intendere che non è ancora pronto per programmare il proprio futuro. Marcello rinvanga il passato, racconta aneddoti ed episodi; Massimo, dal canto suo, chiuso ed introverso, non senza qualche difficoltà, gli confida che Gloria, la sua ex  fidanzata, l’ha lasciato per un altro uomo. Con il trascorrere delle ore, affiorano piccole amarezze ed incomprensioni e, con un pizzico d’invidia, Marcello scopre che Massimo si nutre di piccole abitudini e che ha legato con i pescatori della zona e con Sor Pietro, appassionato lettore di libri e proprietario di un bar, luogo di ritrovo di amici. Massimo ha una nuova compagna Loredana (Anne Parillaud); Marcello vuole conoscerla a tutti i costi e, dopo aver scambiato con lei quattro chiacchiere, goffamente, le chiede se il figlio se la cava bene a letto. Prima di salutarsi Massimo confida al padre di voler rimanere a Civitavecchia e, nel corso di un aspro e serrato faccia a faccia, esplodono conflitti e rancori, torti e dissapori. Sul finale i due si riconciliano; Massimo è in treno con il padre e, contento e soddisfatto, estrae dalla tasca l’orologio del nonno ferroviere, ricordo dell’infanzia al quale è molto legato, regalo del papà, che per gioco gli chiede: “Che ora è?”.

Scola ambienta la vicenda in una Civitavecchia fredda ed invernale e, con toni intimi ed ovattati, mostra il più classico dei confronti generazionale; da un lato un padre estroverso, affettuoso ma invadente ed indiscreto che, invece di comprendere i bisogni del figlio e di confrontarsi con lui, vorrebbe pianificargli la vita, imporgli le sue scelte e spingerlo a ripercorrere le sue stesse orme; dall’altra, un trentenne timido e taciturno, alla ricerca di se stesso, che ha scelto di non sposare il modello di vita convulso e nevrotico del padre e che ama, invece, la vita sornione, tranquilla e sonnecchiante della provincia. Scola non alza mai i toni dello scontro ma sul finale, lascia che Massimo, dopo aver soffocato, rabbia e rancore, a muso duro, confessi al padre: “E’ inutile parlare con te. Lo vuoi sapere perché scappavo da te? Perché mi mettevi soggezione, va bene? Non mi trovavo a mio agio con te, pensa un po’? E poi quando stavo solo cercavo di imitarti, volevo essere come te, perché ti vedevo, chissà come. E poi, invece, niente, quando stavo vicino a te, accanto a te, non ce la facevo. E poi a parlare con un estraneo che ci vuole, a parlare con il padre... E poi non è detto che padre e figlio debbano parlare.” Cameo di Lou Castel. Coppa Volpi ex aequo a Marcello Mastroianni ed a Massimo Troisi al Festival del Cinema di Venezia 1989

 

 

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