Intervista a Sergio Castellitto

 

Amatissimo in Francia (non a caso il NapoliFilm Festival gli ha dedicato una piccola retrospettiva dei film che ha interpretato Oltralpe) Sergio Castellitto è uno dei pochissimi attori ha lavorato con più generazioni di cineasti italiani; dai “vecchi” Monicelli, Scola, Ferreri, Bellocchio ai “giovani” Muccino, Virzì, Tornatore.

 Qual è il segreto del tuo successo? La tua capacità di recitare sempre più con lo sguardo e con i silenzi? La tua instancabile ricerca a sottrarre?

 

“E’ vero. Sono io stesso che chiedo ai registi di abolire della battute nei film…Credo che la prima cosa su cui deve lavorare un attore sia il proprio corpo. Quando ho interpretato Coppi la mia attenzione maggiore era nel poter rendere l’idea del “campionissimo” mentre pedalava in bicicletta; quando vestivo i panni di Padre Pio e di Don Dilani la cura maggiore per me era quella di saper dosare i gesti della sacralità. I personaggi che interpreto  devono porsi su un piano d’ascolto."

 

Che ricordi hai di Marco Ferreri?

 

“Ferreri era un genio ed era inconsapevole di quello che faceva. Sul set si muoveva come un turista e sembrava aspettare le pause.”

 

Come definiresti Marco Bellocchio?

 

“Marco è un grandissimo regista ed a Cannes era amareggiato al punto che nel corso delle interviste ha più volte affermato di non avere padrini. “Il regista di matrimoni” è una sorte di continuazione de “L’ora di religione” e laddove c’era a crisi di un pittore, in quest’ultimo film Marco ha messo in scena la crisi di un regista. Marco è uno dei registi più divertenti con il quale ho lavorato sul set  e devo ammettere che ha in me una fiducia straordinaria. Marco incarna, con coerenza, la figura di un’artista sempre coerente alla propria etica.”

 

Perché Penelope Cruz ha dichiarato che tu lei hai cambiato la vita?

 

“Penelope è una donna straordinaria perché ha le due doti fondamentali di un attore; è umile e ambiziosa, è docile senza essere servile. La verità è che lei interpretando quel ruolo in “Non ti muovere” ha incontrato un personaggio straordinario che le ha cambiato la carriera. E poi anch’io sono un attore e quando sono dietro la macchina da presa so quello che un attore vuole sentirsi dire.”

 

Qual è per te la definizione di successo?

 

“Per me equivale alla libertà di poter scegliere il set dove andare a lavorare di mattina. Devo confessare, però, che mi è andata bene anche quando ero povero e sconosciuto. Il nostro è un mestiere privilegiato che va pagato con la coerenza. Se non hai dignità nelle tue scelte, tutto il resto che senso ha?”

 

Ti sei mai pentito di aver rifiutato un progetto?

 

"Mai perché le ragioni che ti spingono ad un rifiuto sono sempre molteplici; perché non ti pagano bene, non ti piace la sceneggiatura, non credi in quel regista…"

 

La cinematografia francese è zeppa di attori italo-francesi: Serge Reggiani, Lino Ventura, Ives Montand… Come mai sei diventato così famoso in Francia?

 

“Quello con la Francia è un amore che dura d anni. Sin dall’inizio non ho mai fato un film in co-produzione e non ho lavorato in Francia perché avevano bisogno di un attore italiano. Innanzitutto ho cercato di evitare il clichè dell’attore italiano. Il mio primo film fu per una serie televisiva “Il pianoforte di Berlino” che poi ebbe anche un passaggio nelle sale con il titolo “Cinema”. Ricordo che interpretavo una specie di portaborse di Alain Delon…"

 

Che rapporto hai con Napoli?

 

“Meraviglioso. Non dimenticherò mai una mia apparizione nel film “O carcerato” di Alfonso Brescia con Mario Merola nelle vesti del protagonista. Dovevo camminare lungo un tunnel di un carcere e giunto al fondo, dopo aver incontrato Mario Merola, dovevo dire la mia battuta. Al tempo frequentavo ancora l’Accademia ed ero molto eccitato. Quando girarono la scena, come da copione Merola mi dice: "Che vuò?” ed io, emozionatissimo, andai talmente nel pallone che mi dimenticai la battuta. Sono poi ritornato in Costiera per il film “Hotel Paura” di Renato De Maria ed ogni qual volta andavo in vacanza a Salina, facevo tappa a Napoli per mangiarmi un paio di sfogliatelle. Ricordo infine, con grande tenerezza una serata passata a Napoli con Giorgio Gaber. Eravamo entrambi impegnati nel film “Rossini, Rossini” di Monicelli e la passammo a chiacchierare sulle bellezze di questa città.”

 

Il tuo ultimo film?

 

"Ad ottobre uscirà l’ultimo film di Amelio, tratto da un romanzo “La dismisisione” di Mimì Rea. Il film è stato girato in Cina e sono stato in quei luoghi meravigliosi ottanta giorni e si passava da paesaggi da Medio Evo a quelli da Blade runner Il film è straordinario ed è il racconto emotivo di un uomo semplice. Credo che il film andrà a Venezia e sono certo che l’attrice protagonista Tai Ling, sarà una dolce sorpresa. "

 

Corriere del Mezzogiorno - Redazione napoletana de Il Corriere della Sera 9 giugno 2006

 

 

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