Intervista a Renato
Carpentieri
Carpentieri: Quando ho letto
il tuo libro (Curare con il cinema. n.d.r) mi sono ricordato che negli
ultimi tre anni sono stato in un paese del casertano... C'era un cinema che era
un grande stanzone e ci si arrivava attraverso la campagna...E c'era un mio
amico che si chiamava Pietro (poi è emigrato in Canada) detto Pedro oppure il
secondo soprannome "Montone" (perché faceva il macellaio ed uccideva con un
coltello senza fare soffrire pecore...e perciò "Montone") ed ogni volta che
andavamo al cinema con un gruppo di ragazzi, lui, tornando si ricordava tutte le
battute, tutte le battute principali, i finali dei western, lui se le ricordava
tutte e nel percorso di ritorno rifaceva queste scene con le battute del
protagonista; quello là che moriva, quello che lasciava il testamento, il
protagonista che chiudeva gli occhi in un momento di dolore... e lui faceva
questo. Questo percorso al ritorno era una specie di sintesi... Allora questo
libro mi ha ricordato Pedro Montone. Questa cosa dell'insistenza della
citazione, allora ho detto: Ignazio avrà fatto anche lui dei percorsi...Chissà
quando hai pagato per farti trascrivere le sceneggiature che hai riportato...
Senatore: No, le ho
trascritte io, film per film...
Carpentieri:
Ah,
bellissimo...Allora questa é la prima cosa a cui si attacca tutta una serie di
domande. La prima di domanda é che a Pedro Montone piacevano di più e si
ricordava di più i film epici (i film western) e si ricordava di meno i film in
cui c'era questo genere di discorso e di dialogo familiare. Invece in questo
libro manca del tutto, in qualche modo, l'epica e il surreale ed insiste molto
su questo tipo di dialogo familiare...Perciò in questo libro manca Kubrick,
Kurosawa...
Senatore:
Hai ragione...Nel
volume non è citato un film di Kubrick... ma "Rashomon" di Kurosawa c'é...
Carpentieri:
Quindi questa è la
prima domanda...La seconda domanda che mi é venuta é questa: "Il cinema é
veramente un "vizio" o é piuttosto il più facile tentativo di vivere con delle
storie?". Nel senso che non è vero che la televisione é il più facile
tentativo...La televisione é il più facile tentativo, secondo me, di perdere
tempo, di "far passare il tempo" ma di vivere con le storie, probabilmente, il
cinema é il tentativo più facile... cioè uno normale vive con le storie, se ha
voglia di vivere con le storie lo può fare più facilmente con il cinema. Ma se
questo é vero, il problema è "curare con il cinema" o é "curare con le storie"?
Senatore:
Non a caso, Hillman,
un famosissimo psicoanalista junghiano, ha scritto un volume intitolato proprio
"Le storie che curano"...
Carpentieri:
Allora, il problema é
che, probabilmente, si "cura" con le storie...E' fondamentale... come diceva una
volta lui e non solo lui... Mi ricordo una volta una conferenza di Wim Wenders
(che é uno che una parte dei film lo fa "senza" storia ed un'altra parte lo fa
"con" una storia, la sceneggiatura.... ed essendo uno di provenienza fotografo,
una parte del film lo fa "senza "storia)...Quelli che fa "con" le storie li fa
perché risponde, come dire, ad un bisogno fondamentale umano di non sentirsi
piccolissimi nell'universo ed in un flusso continuo. La storia é indispensabile
per riconoscersi come specie e per dare un senso a quello che facciamo...
Allora, nasce un altro problema che, forse, attiene alla psicoanalisi: "Quando
tagliare le scene?". Perché uno dei problemi del cinema é quando tagliare le
scene. Gli errori di montaggio si pagano amaramente perché alcune scene sono
troppo lunghe ed altre scene sono troppo corte...Probabilmente nella vita
succede lo stesso: "Quando tagliare le scene della vita?"...Ma se é vero questo,
dopo questa serie di domande c'è l'ultima : "E' vero o no, come diceva Benjamin
che "l'arte di narrare si avvia al tramonto, perché gli uomini non
fanno più esperienza?" E che, quindi, il nostro immaginario é tutto pieno di
film ma noi non facciamo più l'esperienza necessaria a poter
raccontare..facciamo i remake.. E se è vero, é vera anche quest'altra cosa (che
riguarda cinema e psicoanalisi) che dice Benjamin : "Il narratore è persona
di consiglio per chi l'ascolta. E se oggi quest'espressione ci sembra antiquata
ciò dipende dal fatto che diminuisce la comunicabilità dell'esperienza per cui
non abbiamo consiglio né per noi, né per gli altri. "Consiglio", infatti, é meno
la risposta alla domanda che la proposta relativa alla continuazione di una
storia che é in atto di svolgersi. Per riceverlo (Il consiglio) bisogna
innanzitutto saperla raccontare (la storia) a prescindere dal fatto che un uomo
si apre a un consiglio solo nella misura in cui sa far parlare la propria
situazione."
Senatore:
I film epici di cui
parlavi tu, il film di Ercole, Maciste, i film western...sono forse più
evocativi di altri ma ci tengo a difendere la scelta dei film che ho
fatto...Certo in un libro sul cinema è sempre un opera "mutilata" perché
non è possibile mettere su carta le immagini...e ciò ti costringe a fare delle
scelte...
Carpentieri:
Probabilmente questo
tipo di film che hai scelto é più attinente alle possibilità di intervenire
nelle forme del discorso del paziente. Ma noi stiamo parlando del bisogno
generale di flusso di storie, in questo senso...Ma abbiamo bisogno di storie?
Senza dubbio l'epica ha il suo posto.... E' difficile estrapolare un dialogo di
"Barry Lindon" ma non mi puoi dire che non ti lascia nulla..."I sette samurai" é
un film straordinario...Se uno immagina una battaglia del passato, non puoi non
pensare a questi invincibili, sotto la pioggia...Faccio una digressione...Ci fu
un saggio sull'Iliade e sull'Odissea, indicati come due forme primitive da cui
nascono tutte le altre. "L'Iliade" come il poema dell'assedio, in cui Achille
uccide se stesso, fa una battaglia sapendo che questo significa la sua morte,
uccide se stesso perché Ettore é vestito delle sue armi, quindi in quel momento
sono tutti e due uguali. E "L'Odissea", il ritorno, le peripezie per una casa
dove poi morirà...L'assedio e il ritorno, sono le due forme archetipiche della
vita...Ora alzando la metafora, se uno é per l'assedio, queste battaglie non li
dimentica, il concetto di lotta...Se uno é per la peripezia, alcuni film
di peripezia gli restano in testa...Questo é quello che volevo dirti...Pedro
Montone era per l'assedio... "
Napoli
31.1.2002
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